a rotocalco· e i oiudizi critici in essi contenuti si risolvono spesso, data ' b ]a complessità della materia, in un ammonimento a non ~onsiderare, per esempio, il libro di Pasternak su un livello politico; o, anche, in una dichiarazione di perplessità. Ciò che si può dire, del resto, intorno a quest'opera, ~sorbita dai limiti e dal taglio di una recensione; esige una rilettura, un ripensamento, un interminabile dosaggio di pro e di contra. Giuliano Gramigna, che fra i giovani critici è dei più onesti ed attenti, conclude il suo articolo (cfr. Settimo Giorno, 9 gennaio 1958) in questi termini: <<••• il lettore, magari confuso da una dispersione di personaggi, da certi ritorni e agnizioni non saprà sfuggire a un moto di perplessità, quasi che tante particolari bellezze non riescano totalmente ad integrarsi in un significato superiore e unitario e che al romanzo residui, nella sua aggregazione, un non so che di sperimentale: dubbi che si segnano qui per dovere di lealtà verso un'opera che è pur lo specchio ·patetico di un alto ingegno morale». Per il Gramigna il nucleo essenziale della vicenda sembra da ricercarsi nel rapporto tra Zivago e la rivoluzione sovietica, che il Dottore << non rifìu·ta agli inizi», ma solo in seguito, quando essa << perde quel primo slancio giovanile >>e quando i « problemi familiari (di Zivago) si fanno più umani e strazianti». È un'interpretazione che, con una certa verità e felicità d'intuito, esclude un rapporto polemico tra Zivago (e, per lui, il suo Autore) e il mondo sovietico come tale, affermando piuttosto la priorita, il maggior peso, dei problemi dell'individuo rispetto ai problemi di una qualsivoglia società. Ma, soggiungendo poi che il Dottore << si estingue ... come una pianta costretta a vegetare in un luogo inadatto>>, l'articolista suggerisce il rapporto polemico che prima aveva pressoché escluso e fa scivolare il protagonista nella fossa di un decadente << solipsimo ». Si tratta, comunqt1e, di un semplice suggerimento; così come non esce dai limiti del suggerimento Enzo Fabiani (cfr. Gente, 11 gennaio 1958) quando vede in Zivago « un uomo che tenta di essere soltanto spettatore>>, mentre il dramma del protagonista ci sembra piuttosto quello di sentirsi continuamente trasportato su fronti opposti, quasi accompagnandosi all'atteggiamento dell'Autore che ora esalta la rivoluzione (come nella lirica e citatissima sequenza sul socialismo) ( 1 ) ora ne presenta in ( 1 ) Cfr. a pag. 192 del romanzo. (86] Bibloteca Gino Bianco
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