lamenta è al livello delle sovrastrutture, si compren-de subito che cosa ha in mente; e quando Onofri afferma -che il grado di democraticità di lin partito è nel grado e nel modo di partecipazione degli aderenti alla decisione e all'azione politica, e cl1e bisogna ormai uscir fuori dal « vecchio angusto terreno della democrazia parlamentare, che non corrisponde -più da un p~zzo al grado di sviluppo cui è giunta la struttura della società italiana >>, si comprende altrettanto bene cosa gli sta a cuore soprattutto. Essi, cioè, si pongono su un piano deontologico; ma a loro non interessa affatto come deve essere la società politica italiana, sì invece come deve essere l'autentico e non mistificato nè mistificatore partito della classe operaia. Nel loro avvicinarsi alla questione c'è una scelta pregiu-diziale cl1e elimina (o crede di eliminare) tutti gli altri problemi, per -concentrarsi su questo soltanto: fare in modo che il partito degli operai resti l'autocoscienza della classe e non si deformi e si degradi. In conseguenza di ciò Faenza può concludere cl1e come la cc socializzazione dello stato consiste nella conquista del potere dello stato e nell'assorbimento delle funzioni statali da parte della nuova classe dominante fir10 al deperimento dello stato ... la socializzazione del partito - che è pregiudiziale alla conquista dello stato, essendo il partito lo stato in riuce - dovrà necessariamente consistere nella conqt1ista del potere del partito da ,parte della sua base, cioè nell'assimilazione della burocrazia di partito ». L'avvenirismo comunistico ha una tappa in più; ma il nostro problerr1a resta irrisolto. Quello di Onofri e di Faenza, invero, n·on è in alcun modo il problema degli apparati quale si presenta in u11a società democratica come quella italiana: per noi il problema è di garanzie istituzionali della libertà, senza le quali ,degrada e imputridisce non pure il partito operaio, ma qualsivoglia partito, anzi tutta la società politica. E garanzie istituzionali della libertà vu·ol dire ancl1e pluralità di -partiti; laddove Onofri e Faenza sembrano restare impigliati nella tematica del partito unico. Quando Onofri scrive che il grado di democraticità di un partito è dato dal grado e dal modo di partecipazione degli aderenti alla decisione e all'azione politica, sembra dimenticare che un siffatto partito, giunto al p·otere, potrebbe, in seguito ad ampi dibattiti democratici a lui interni, decidere di sopprimere gli altri partiti: resterebbe democratica la società in cui un partito mettesse in opera una risoluzione siffatta? E quando Faenza s·crive che la rivolta ungherese dimostra come cc senza la conquista del potere nel partito, cioè senza la soppressione della dittatura dei funzionari, la conquista del potere statale è, per il proletariato, una semprice metafora », non solo dimentica l'esercito russo, ma anche sembra del tutto indifferente alla questione se una società a partito unico possa essere libera. Ora il problema è esattamente questo: an-che sopprimendo nell'ambito· del partito l'apparato, anche garantendo cl1e il partito resti autocoscienza e non degradi mai ad ipostasi, una società p·olitica a partito unìco resta una società [80J BiblotecaGino Bianco
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