Nord e Sud - anno V - n. 45 - agosto 1958

quel costo restava in Italia assai basso, ed era anzi uno dei pochi vantaggi della nostra industria rispetto alla concorrenza estera (1 99 ), mentre è dubbio che lo sforzo di mantenerlo a un livello ancora più basso potesse giustificare una completa indifferenza davanti all'indefinito aggravarsi· della crisi agraria, che minacciava squilibri gravissimi in tutta la struttura economica e sociale del paese. Non pochi i difetti tecnici, poi, della tariffa, a cominciare dal ben noto eccesso di protezione concesso alla siderurgia 11eiconfronti della meccanica, dalla levità con cui erano colpite le parti di macchine, dalla mancanza di qualsiasi protezione all'industria chimica ecc.: ma sembra arduo ammettere che una grande industria meccanica, quale era ed è da tutti auspicata, potesse svilupparsi senza una base siderurgica (nonostante le molte storture di cui questa ebbe a soffrire proprio per effetto dell'eccessiva protezione); e d'altronde la minor protezione conces$a aveva una giustificazione nella minore importanza della materia prima come ~lemento del costo dei prodotti meccanici, alla cui formazione concorre principalmente la mano d'opera, nella quale gli italiani avevano ancor.1 qualche vantaggiÒ rispetto all'estero. E soprattutto, la creazione di · particolari situazioni di privilegio per determinati settori industriali - anche se in parte soltanto appare11ti -, stimolò 11nmaggiore afflusso di capitali a tali settori, come si vide sl1bito dop.o il 1887 specialmente nel settore cotoniero e in quello della stessa meccanica (200 ). Considerazioni, queste, non nuove nè decisive: ma che rendono difficile accettare affermazioni come quella del Gerschenkron, cl1e appunto con riferimento alla tariffa osserva che << le più importanti misure dell'azione governativa neJ campo dell'industrializzazio11e italiana ritardarono, piuttosto che promos- ( 199 ) Cfr. gli interessanti raffronti in FossATI, pp. 239-40. ( 200 ) Si tenga tuttavia presente la constatazione che risulta dalle ricer1 che deilo JARAcH,pp. 95-97: che cioè il capitale non è affluito in maggiore abbondanza nei settori dove si registrano (almeno in base ai bilanci disponibili) profitti più aiti. Particolarmente importante l'esempio della industria metalmeccanica, alla quale sono affluiti capitali assai rilevanti, nonostante che in tutto il periodo dal 1882 allo scoppio della prima guerra mondiale i redditi netti delle anonime del ramo non ~;uperino il 3 %, cioè un livello inferiore al rendin1ento medio del complesso degli investimenti azionari: cfr. an1che i diagrammi in FossATI, pp. 364-365 e GoLZio, L'industria de,: metalli, p. 178. [46] · BiblotecaGino Bianco

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