Nord e Sud - anno V - n. 44 - luglio 1958

II Come punto di partenza della nostra indagine possiamo assumere alcune recenti elaborazioni dell'Istituto Centrale di Statistica, che, per quanto siano valide solo su un piano di generalissima approssimazione (25 ), . (25) lsTAT, Indagine statistica sullo sviluppo del reddito nazionale dell'Italia dal 1861 al 1956 (in Annali di Statistica, serie VIII, vol. 9) Roma, 1957; sarà citato SRNI. · L'uso di questi dati recentemente calcolati, non meno di quello delle più antiche statistiche su cui essi in parte si fondano, pone gravi problemi alla coscienza dello storico. Indubbiamente si tratta di elaborazioni che partono da fonti assai incerte, da dati raccolti con metodi spesso palesemente insufficienti o addirittura errati, e che per di più, nel tentativo di dedurre da fonti siffatte tutte le principali voci delle odierne relazioni economiche generali annualmente presentate al Parlamento, si spingono a una serie di deduzioni e integrazioni estremamente rischiose, e i cui criteri in parte sfuggono anche al più attento lettore delle note introduttive premesse alle tabelle così costruite. E tuttavia, posti nell'alternativa di respinger. totalmente questi dati, oppure di farne un uso per quanto possibile prudente, abbiamo preferito questa soluzione, perchè difficilmente il discorso potrà essere condotto a 9n grado sufficiente di approf ondimen to, fino ad affrontare i nessi fondamentali del processo storico che ci interessa, se non si adoperano taluni concetti elaborati dalla moderna teoria economica; i quali, quando debbono esser tradotti in termini quantitativi, non possono esserlo in forma più rigorosa di quella matematica offerta da queste elaborazioni. D'altra parte, la prudenza di cui si diceva ci ha consigliato di evitare nella misura del possibile l'uso, per il nostro periodo, di dati come quelli sugli ammortamenti, le scorte, le spese dell'agricoltura, ecc.,· che più degli altri si affidano al calcolo indiretto, e meno alla rilevazione immediata dalle fonti. In tal modo si sono utilizzati solo dati molto generali, confrontandoli, quando era possibile, con altre elaborazioni, e attribuendo loro, come è ovvio in casi come questo, solo un valore genericamente indicativo; il che vuol dire che si è spesso rinunciato a trarre dalle cifre tutte le deduzioni che ·una fede assoluta nella loro verità avrebbe potuto suggerire. E soprattutto si è tenuto fermo alla persuasione che non alla statistica ma alla storia va chiesta la soluzione dei nostri problemi, << quando i nwneri fanno a pugni con la logica, e quindi con la storia, che alla fine sono una cosa sola>, secondo l'avvertenza di A. SAPORI, Tendenze nuove degli studi di storia economica medievale, in A. SAITTA, A ntologi·a di crt.tica storica, I, Bari, 1957, p. 417 (ma si vedano anche le precisazioni di M. PosTAN, in XX Congresso internazionale di scienze storiche, Relazioni·, VI, Firenze, 1955, p. 805 nota 2). Si tratta del resto di ùn problema metodologico su cui esiste tutta una letteratura: citiamo soltanto S. KuzNETs, Statistic and Economie History; in The Journal of Economie History 1 I (1941), pp. 26-41; e si vedano i molti studi apparsi in seguito nello stesso periodico e in The Economie History Review. [21] Bibloteéa Gino Bianco I

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