Nord e Sud - anno V - n. 44 - luglio 1958

tamente convincenti sotto il profilo ar• tistico. Ottavio di Saint- Vincent è l'ultimo racconto dello scrittore, parzialmente comparso, tempo fa, sulle colonne de Il Mondo. È un racconto completamente diverso dal precedente, nel suo intimo, pure se tende ad avvicinarglisi come tentativo di serbare fedeltà alla tradizionale struttura del racconto. È, rispetto alle precedenti composizioni del Landolfi (o meglio vorrebbe essere) div.erso per la forma scelta (qudla di un racconto a sfondo .. storico, d'avventura): l'ambiente è Parigi, prima della rivoluzione Francese; i personaggi, una bella duchessa russa, il Delfino di Francia, altri nobiluomini della capitale francese. La vicenda: Ottavio, giovane poeta prossimo ad uccidersi, ascolta per caso un colloquio tra la duchessa. di Lzgherzostvo (la solita scoperta ironia nelìa scelta dei nomi che preannuncia il «divertimento» nel racconto) ed un suo spasimante. Stanca delle solite emozioni che le procura la vita d'ogni giorno, Ella dice di desiderare qualcosa d'eccezionale, magari l'incontro con un uomo diverso, povero o miserabile che sia. Così Ottavio, travestendosi da pezzente ubriacone, riesce a farsi accogliere nel palazzo della duchessa. Qui egli prende gusto all'avventura: disputa la duchessa anche al Delfino di Francia, vince al gioco, scopre gli interessi che si muovono dietro alcuni dei paludati personaggi che cercano di smascherarlo (egli viene fatto passare per il consorte della duchessa). Alla fine, dopo avere innamorato di sè la donna; dopo aver visto fino in fondo l'impostura degli altri suoi rivali ed i loro tentativi di coprirla con una maschera di rispettabilità, ed annoiato della esperienza fatta, torna donde ·era venuto. « Addio, Signora. Ah, come non vedete che noi tutti veniamo dalla stessa noia e andiamo verso lo stesso nulla?». Come più sopra avvertivamo, l'ambiente e Io sfondo scelti "dallo serittore sono solo un pretesto: la Parigi scelta da Landolfi, o l'ambiente nobiliare in cui egli lascia trascorrere la sua vicenda, hanno la stessa realtà che, nelle favole dei nostri nonni, avevano la Cina o l'India. Ottavio, poeta appartenente al Terzo Sta• to, non si sente gran che diverso dai nobili che, nd corso della sua avventura, è costretto a frequentare: « ... mi viene in mente quando dalla buia strada ci si ferma a guardare, dietro alle vetrate di una di queste aristocratiche dimore, le coppie che danzano alla luce palpitante dei doppieri, gettando lunghe ombre sulle pareti e sul soffitto. La musica non si ode e loro passano e ripassano prese in un ritmo assurdo, ozioso, in una vana e incomprensibile agitazione, quasi ombre esse stesse, quasi fumo o sogno che un bizzarro capriccio abbia per un attimo addensato, che un vento errante, chissà donde venuto, agiti fug1 f h ,. ' ' gevo men te... e orse anc 10 saro cosi ». È l'elemento autobiografico quello prevalente, che si intravede dietro gli sfarzosi costumi e il linguaggio cortigiano dei personaggi, dietro le conversazioni frivole, la musica dei minuetti ed i frequenti dialoghi. In alcuni punti questo elemento prende la mano allo scrittore ed allora si ha qualche pagina un poco declamatoria. Tuttavia, generalmente, lo stile di Landolfi è sorvegliato e riesce a sciogliere in immagini i suoi ·problemi e le sue convinzioni. In questo senso (127] Bibloteca Gino Bianco

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