di ripensare, di ritrovare, di rendere esplicito a se stesso e agli altri il perchè del suo agire, di tradurre in termini culturali, e non più _di viverlo soltanto, il rapporto politica-cultura; si trattò finalmente di affrontare il discorso con i suoi compagni di lotta e dirsi le ragioni della lotta. E furono gli anni del Poli- . tecnico. Sono le pagine che più si attendono, e alle quali più è legata la funzione culturale di Vittorini in questi ultimi anni. Queste e quelle desunte dall'antologia Americana che Vittorini curò per Bompiani, fatto che per le lettere italiane ebbe forse importanza ancora maggiore. Ma per queste ultimé ci pare che abbia visto giusto quel recensore che ha. annotato: « Vittorini commette uno sbaglio incasellandole a mosaico nel corpo del volume. Esse pretendono sede a parte >>. Cioè ci sembra illecito considerarle solo come un'altra tappa di << Maestri cercando», che ci permetta di aggiungere, accanto ai nomi già ricordati, Hemingway o Faulkner. Comunque, è soprattutto l' << avventura>> del Politecn,:co quella che ci interessa di richiamare, proprio perchè, fra i tanti meriti, ebbe quello di chiarire Vittorini a se stesso. Ne è nota la vicenda esterna e non la ricorderemo. Sono invece da sottolineare le progressive incrinature tra Vittorini e gli uomini del suo partito, che in misura sempre maggiore presero a considerarlo non più un turbolento compagno di viaggio ma un eretico da tacitare. L'episodio conclusivo fu la nota lettera a Togliatti del gennaio '47, in cui Vittorini, forse per la prima volta, ebbe piena coscienza dell'equivoco in cui era caduto: aveva confuso il suo comunismo, le ragioni civili e letterarie che lo avevano spinto ad aderire, con il Partito; ed è chiaro che in vicende di questo tipo un aggettivo possessivo compromette irrimediabilmente il sostantivo. Né si trattava di una astratta polemica sui « sacri princip1 >>:in questo caso, la libertà dello scrittore, la sua indipendenza cli giudizio, cioè il s1:10 essere scrittore, e di fronte, la disciplina, le direttive del partito, le <e ragioni» ,della politica; bensì del redde rationem di ciò che Vittorini aveva sostenuto in questa e in quella occasione. E se talvolta • • • erano state espress1on1: cc non s1 possono rompere continuamente le scatole agli scrittori come Hemingway nel tentativo di spingerli ad essere 'più costruttivi', 'più progressisti' e, insomma, diversi da quelli che sono » ( nov. '46); tal' altra era stato qualcosa di più: un preciso pronunciarsi su questioni di fondo in termini inequivocabilmente eterodossi. La lettera a Togliatti, comunque, era veramente conclusiva; e se anche il Politecnico visse ancora un anno, se anche Vittorini attese ancora per uscire dal Partito, ne era in realtà già fuori allorché aYeva scritto: <e Nel corso ordinario della storia, è solo la cultura autonoma (... ) che ' arricchisce' la politica, e, quindi, giova ' obiettivamente ' alla sua azione; mentre la cultura politicizzata, ridotta a strumento di influenza o, comunque, privata della problematicità sua propria, non ha nessun apporto qualitativo da dare e non giova all'azione che come un impiegato d'ordine può giovare in una azienda>>. E più avanti: <e Servirsi di una menzogna culturale equivale a servirsi di un atto di forza, e si traduce in oscurantismo». O infine, in maniera mirabilmente definitiva: cc Che il piffero sia [122] Bibloteca Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==