anche se la sua conclusione non sarà certamente quella pensata da coloro che hanno dato la prima spinta» (p. 666). Resta il fatto che una spinta, in questo caso, c'è stata. Sempre per quanto riguarda il Mezzogiorno e le trasformazioni in atto, Piovene nega recisamente .che gli eventuali progressi materiali abbiano un costo in termini di civiltà e di cultura. A chi condividesse ancora le preoccupazioni dei redattori di Terza generazz·one, il Viaggio prospetta a più riprese il quadro di <<una civiltà disfatta nell'ambiente povero » (pagina 573), di <<un vecchio Sud inanimato e stanco di convivere con se stesso ~ (pagina 662). La famosa civiltà contadina, col suo equilibrio patriarcale e le sue virtù di ordine e di parsimonia, non ancora contaminati dalle eresie del mondo moderno, non è comunque un' invenzione letteraria. Qualcosa di simile esiste in realtà, <<al centro del triangolo Bari-BrindisiTaranto », e le pagine sulle campagne intorno a Locorotondo e a Martina Franca (p. 600 ss.) fanno da contrappunto al quadro generale del Mezzogiorno: <<ne nacque una vita contadina civilissima e anacronistica, con la dolcezza ormai inconsueta delle isole in cui sopravvive il fragile equilibrio tra la modestia del potere economico e la modestia dei bisogni. Sembra di entrare in un mondo utopistico, nel quale si rispecchi il sogno di tutti i conservatori: la povertà dignitosa e felice, i poveri che parlano e agiscono da sz"gnori » (p. 601 s.). Ogni mito ha sempre un nocciolo di storicità e l'individuazione di questo giova alla polemica contro il mito stesso. Da un lato Martina Franca, dall'altro Pescara, <<una città americana in Italia» (p. 420), la Sicilia con il suo <<sogno dell'industria, l'attivismo tecnico, l'impulso turistico ed archeologico, lo slancio verso il settentrione e l'Europa » (p. 505)... L' esito finale è facilmente prevedibile: <<chi ripeterà, tra non molti anni, questo viaggio in Italia, troverà un Sud diverso non soltanto nell'apparenza ma anche nell'indole morale >> (p. 662). A questo punto insorgono, però, le preoccupazioni di Piovene. L'assenza del pregiudizio umanistico, condiviso da tanti intellettuali italiani, gli consente di guardare con fiducia a fenomeni che altri condannano come pericolose degenerazioni. Al di là del tributo d'obbligo alle necessità del progresso n1ateriale, Piovene è in grado di cogliere la ,bellezza del nuovo (<<la riforma in Lucania è riuscita a diventare bella », p. 581), con la stessa disposizione di spirito con cui sente il vecchio e l'antico ( « molti dei palazzi di Palermo settecentesca si aprivano su viuzze strette, in quartieri oggi imputriditi, con i loro cortili selciati che portavano in mezzo una palma e intorno una cerchia d'aranci. Antri d' Aladino all' interno, con saloni luccicanti d'oro»). La conservazione dei monun1enti, del colore delle nostre città è sempre considerata nel quadro del loro sviluppo: perché città più grandi vuol dire industrie più grandi e più numerose, e Piovene non è di quelli che vogliono tenere relegati sui campi il maggior numero possibile di Italiani. Ma proprio perché crede nel mondo n1oderno, perché ha conosciuta e amata l'America, Piovene denuncia le insidie del <<-vitalismopuro», di un progresso pratico che non sia illuminato da una precisa consapevolezza intellettuale e morale. <<Ricca di speranze pratiche », l'Italia gli [119] Bibloteca Gino Bianco
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