Nord e Sud - anno V - n. 44 - luglio 1958

riografici, in cui ciascuno ha portato i suoi specifici e individua_li interessi. Il << processo » storico-culturale risultante dalla somma di queste varie espe~ rienze culturali appare per ciò al Contemporaneo assai più significativo e legittimo culturalmente che non la costruzione di una << metafisica marxista)), di cui io avrei sottolineato la mancanza a riprova del carattere extra-culturale e politico di molte «conversioni>> al marxismo. Al che è facile ribattere che le vie seguite dai protagonisti d_iquel processo sono state diverse e indipendenti in tutto, tranne che nel punto più importante: nel modo in cui è avvenuta l'adesione al marxismo stesso e alle posizioni gramsciane, che appare sostanzialmente aprioristico e acritico anche quando si appoggia a grossi volumi di ricerca. Quelle posizioni, che dovrebbero essere il risultato di una consapevole meditazione, sono infatti adoperate fin dall'inizio come strumento. di direzione e di controllo della ricerca medesima, sì che ogni indagine particolare è già inserita in una visione generale della storia d'Italia preventivamente accettata, e di cui non è mai stata data una seria discussione. Certo, io non ho mai preteso di negare la individuale personalità degli storici che ho preso ad esaminare: ma è un fatto che questa varietà da ultimo finisce per appiattirsi sullo sfondo di uno schema immutevole e, per così dire, sopraordinato, che è nel nostro caso la universale accettazione (con la sola eccezione di Aldo Romano, sull~ cui posizione torneremo in fondo a questo scritto) della tesi di Gramsci sul Risorgimento. E del resto, che la componente politica abbia avuto una parte davvero eccessiva nella storia del marxismo italiano di questo dopoguerra, si scorge non solo all'inizio, ma, possiamo ormai dire, anche alla fine di questa fase della sua storia. Se all'origine di molte adesioni al marxismo erano stati i successi politici del partito comunista, l'abbandono del partito e dello stesso marxismo da parte di un gran numero di intellettuali, e la crisi generale del fronte culturale comunista alla quale abbiamo di recente assistito, è anch'essa dipesa essenzialmente da fatti politici, che hanno indotto per la prima volta a dubitare della validità di formule ripetute per anni con cieca fiducia. Ora, per quanto rispettabile sia stato il travaglio interiore che ha condotto molti studiosi all'a.b1 bandono delle file comuniste, e quindi a un più distaccato atteggiamento rispetto al bagaglio ideologico-cultural_edel partito, noi non possiamo rassegnarci ad ammettere di dover cambiare la nostra visione della storia d'Italia ad ogni rivolta ungherese: anche perèhè dubiteremmo di dover . '[9] Bibloteca Gino Bianco

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