dare una << battaglia di annientamento )> contro l'intera storiografia marxista italiana, o di aver voluto « mettere fuori combattimento >> questo o quello studioso (3 ): marziali pr.opositi che mai mi sono indugiato a coltivare, e che presupporrebbero da parte mia una mancanza di autocritica e di senso delle proporzioni, nonchè una animosità verso studiosi fra i quali non sono pochi i miei amici personali, che non sono disposto a concedere. In realtà, mi premeva di sottolineare che l'adesione al marxismo di parecchi storici itali~ni è avvenuta sotto l'azione combinata di motivi complessi, tra i quali la passione e gli atteggiamenti politici contingenti hanno svolto un ruolo dominante, che ha portato all'affrettato abbandono di posizioni idealistiche non adeguatamente criticate, senza neppure una seria meditazione delle stesse dottrine marxiste, nelle quali adesso sembrava di scorgere una nuova e universale panacea politico-culturale. A questo ·proposito mi si ~ fatto osservare, sul Contemporaneo (4 ), che io stesso ho tracciato un pr.ofilo diverso di ciascuno di quegli studiosi, mostrando così che il-marxismo non è stato accettato come un'uniforme frettolosamente indossata, ma che piuttosto storici di formazione_ e sensibilità assai diversa sono giunti al marxismo attraverso il riesame critico di concreti problemi stoe storia, n. ·25, nov. 1956, pp. 7-9 (ripreso, questo, da p.p., Polçmica chiarificatrice su due tesi storiografiche, nel Popolo del 2 dic. 1956, e da G. Ross1N1, Ritratto di una rivista, nello stesso giornale, 20 dic. 1956). Al Romano replico in fondo al presente articolo; del De Rosa non vale la pena di occuparsi più oltre. In un articolo apparso sul Giornale di Napoli del 13 febbr. 1957, Raffaele Colapietra, dopo un paio di grossolanità, forse involontarie, verso la mia persona, e contestualmente a una critica del presente saggio ... che non era stato ancora scritto, osserva che nel complesso la reazione della storiografia marxista alla mia rassegna è stata meno vivace di quel che avrebbe potuto, per essere in quel tempo gli intellettuali marxisti travagliati dal rapporto Krusciov e sue conseguenze. E può ben darsi: ma perchè mai non si è fatto avanti il Colapietra medesimo, che non mi risulta fosse altrettanto travagliato, a dar lui quella critica radicale che dai marxisti non è venuta? A indicare poi il livdlo davvero risibile a cui può scendere certa storiografia accademica quando sfiora questi problemi, ricordo qui il riassunto della relazione del prof. RoBERToCESSI, Pr~blemi della storia d'Italia nell'opera di Gramsci, presentata al Convegno di studi gran1sciani promosso dall'Istituto Gramsci di Roma, 14-16 dic. 1957. ( 3 ) C. PAVONE, cit. ( 4 ) 27 ott. 1956, cit. Bibloteca Gin.o Bianèo [8] \
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