Nord e Sud - anno V - n. 43 - giugno 1958

così diversi per temperamento e per formazione culturale come Einaudi e Salvemini, si incontrano proprio grazie alla piattaforma libero-scambista. Il libero-scambismo è stato, in realtà, uno spartiacque fondamentale nella politica italiana fìno all'avvento del fascismo; e, quando poi la dittatura elevò a dottrina il corporativismo e l'autarchia, le minoranze meridionaliste e libero-scambiste - più o meno clandestine, in patria, in esilio, o in prigione - videro nella politica economica del regime l'esasperazione del protezionismo di fìne ottocento ed indirettamente quindi la giustezza della loro tenace opposizione. Non è questa la sede per esaminare tutti gli aspetti della polemica; cd in particolare l'argomento-cardine dei protezionisti, secondo cui la grande industria non ha danneggiato il Mezzogiorno, ma ha fatto invece dell'Italia un paese moderno, e che senza il protezionismo l'Italia non avrebbe seguito l'esempio della Svizzera - come si sostiene dai libero-scambisti - ma della Spagna o della Grecia, e che infatti l'Italia è l'unico paese eminentemente mediterraneo (salvo a volere includere anche la Francia in questa classificazione) ch'e abbia una moderna struttura industriale. Il dopoguerra ha, in realtà, profondamente mutato i dati della realtà internazionale, e quindi della polemica interna. Con l'affacciarsi sulla scena politica dell'integrazione europea - come meta immediatamente perseguibile e non come vaga utopia - la polemica libero-scarobistica dei nostri meridionalisti è venuta .rapidamente trasformandosi in un problema storico, ed ha perduto gran parte del suo mordente nella realtà politico-economica. Il che non significa - come vedremo tra poco - che i suoi insegnamenti siano stati dispersi e dimenticati, ma che hanno assunto un significato del tutto diverso una volta calati nel crogiuolo della nuova problematica del dopoguerra. Se dovessi cercare di sintetizzare quelle che sono state a mio avviso le ragioni del mutamento fondamentale di prospettiva verificatesi negli ultimi anni, io direi che l'affermarsi degli Stati Uniti d'America - come potenza guida del mondo occidentale con il corollario della superiorità dei grandi mercati sui ristretti mercati nazionali - sia stato il fatto dominante. All'indomani della guerra, infatti, si comincia a diffondere in Europa (in Italia, in special modo, per merito sopratutto di quel pioniere del ftderalismo che è l'amico Altiero Spinelli) la convinzione che la creazione di grandi spazi economici è indispensabile per realizzare le condizioni ra- [48] Bibloteca Gino Bianco

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