Mercato Comune non potrà certo evitare quella che i comunisti chiamano << espulsione>>dalle campagne e che in realtà è poi li1berazionedelle campagne, se è ver.o - ed è vero - che l'agricoltura italiana è coµie schiac~ ciata dal peso delle eccedenze demografiche inoccupate e sottoccupate; se cioè è vero - · ed è vero - ·che si deve favorire il trasferimento ad altre atrività di quella considerevole quota delle forze di lavoro agricolo che nelle campagne non può trovare occupazione. Certo vi sono problemi di ridimensionamento delle aree culturali di taluni prodotti, problemi che ·,preesistono al Mercato Comune, ma che in conseguenza del Me.reato Comu.ne non ·potranno essere più elusi, come · sono stati finora elusi dalla politica agraria dei nostri governi: ma questo è un bene, non un male. Il grano, p,er esempio, viene coltivato oggi in Italia anche su terreni impervi, che n<?nhanno altra vocazione che quella del ·boscoe del pascolo; e al ·boscoe al pascolo taluni terreni devono essere restituiti. Finora si sono protette le culture cerealicole meno redditizie, creando peraltro una rendita altissima a favore _delle culture cerealicole più redditizie; si è protetta, cioè, la coltivazione del grano sulle terre più avare del Mezzogiorno e se ne sono avvantaggiati soprattutto i granicoltori più favoriti della Valle Padana, çhe producono a costi remunerativi. Con il Mercato Comune, si presenta una situazione che è stata assai ben lu·meggiata in una relazione del Prof. Sar~cen.o a1 recente Convegno della << Coltivatori Diretti>> ( 1 ). Secondo il ·prof. Saraceno, la politica economica comune dovrà tendere a far ,prevalere nell'area del Mercato Europeo prezzi del grano non su.. periori al livello di dollari 9,50, già .ora -correnti su gran parte di questa area; ,ciò tanto più che questo ,prezzo di dollari 9,50 è di poco superiore all'attuale prezzo internazionale, maggiorato di un dazio del 14- 15 %, corris,pondente alla ffiedia aritmetica dei dazi vigenti nei vari paesi membri della C'omunità. Pertanto, una parte dell'attuale superficie agraria coltivata a grano si verr~ a trovare fuori dei margini di convenienz.a: circa due milioni e mezzo di ettari. Per quanto riguarda il Mezzogiorno d'Italia, la riduzione della superfi,cie coltivata a gran·o dovreb:be investire poco meno di mezzo milione di ettari; ma nel Mezzogiorno e per il ( 1 ) << Civiltà degli Scambi~): Un avv1:oal dibatti·to su agricoltura e MEC, n. 18, febbr~io 1958, pag. 54 e segg. [16] Bibloteca Gino Bianco
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