boschi che, non ancora assaliti dall'uomo si erano conservati perchè di abbattimento poco remunerativo, se non addirittura a macchiatico negativo. La sviluppo delle strade ferrate, anzi, oltre a facilitare il trasporto de] legname, determinò una grande richiesta di traverse, destinate a divenire l'assortimento ,più pregiato dei nostri boschi di faggio, cerro, roverella_ Così procedendo le cose, verso il 1890 si calcolava già che, dalla costituzione dello Stato unitario, oltre due milioni e mezzo di ettari di boschi (pubblici e privati) fossero stati distrutti (31 )~ La s11perficieforestale, però, era stata già duramente intaccata prima del '60. Dai documenti che sono riportati nel libro, ripetutamente citato, di Gino Arias, alla parte II, capitolo II.~ § I ( « la devastazione dei boschi prima del Regno Italiano>>), si può sommariamente valutare che il patrimonio boschivo delle regioni meridionali, alla data dell'unificazione fo1 sse già dimezzato. La tendenza al diboscamento, che si afferma nei decenni .prima dell'Unità, dà ragione, dunque, del fatto che la distruzione delle selve durante gli anni della grande emigrazione non fu provocata tanto dalla fame di terra quanto dal vizio congenito ·di un'agricoltura che alla tecnica preferisce la rapina. Ma << il dib.oscamento - osserva il Sereni - finì col togliere letteralmente 'la terra di sotto ai piedi' alla popolazione contadina». Le acque non più regimate, in molti luoghi, insieme alle terre di recente coltura travolsero l'equilibrio dei seminativi antichi. Con la terra franava anche l'economia contadina. E se non erano le frane, era l'erosione diffusa a portarsi via lo strato umifero del terreno, poi gli strati pedologicamente meno evoluti sino alla matrice argillosa. A questo punto il contadino che pazientemente aveva continuato a tesservi, con l'aratro di legno e la zappa la sua effimera tela, non per ingannare i Proci, ma la fame, contentandosi di seminare uno e raccogliere uno e mezzo, doveva riconoscersi sconfitto e ab;bandonare il campo. La quota che aveva salvato dalle grinfie dei ' galantuomini' gli veniva tolta da forze naturali ch'egli, inconsapevolmente, o per impossibilità di scelta, aveva aiutate. L'evidenza dei fatti, però, non ha aperto gli occhi né a coloro che davano (ammesso che li avessero chiusi), né a coloro che ricevevano la ter.t;a in quelle condizioni. E l'inganno delle terre incolte si è protratto sin quasi ai nostri giorni- L'ultima manifestazione del ricorrente equivoco ( 31 ) E, SERENI, 1. c., p. 233. [71] Bibloteca Gino Bianco·
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