dell'altro contendente, ha alimentato sia 1a concentraz1one che la dispersione di terra, sia il rafforzamento della proprietà borghese e signorile che la diffusione di quella contadina. Quest'ultima, però, per il moclo come veniva creata, era soggetta a essere fagocitata dalla prima, o a disfarsi in troppo minuti spezzettamenti, e a dar luogo a un'agricoltura nòmade che il Rossi-Doria ha ·paragonato alla pazzia. Fu allora che le terre pu,bbliche nel diventare private mutarono anche destinazione colturale. Le foreste vennero abbattute a raso e alla pastorizia, come alla selvicoltura, venne sostituendosi una cerealizzazione depauperante la quale, oltre che a se stessa, ha nociuto all'equilibrio idrogeologico del Mezzogiorno interno e provocato perdite immense di fertilità e di superficie produttiva. Il « banchetto demaniale », pertanto, con poche eccezioni, ha esaltato forme di proprietà negate al progresso dell'agricoltura e della società meridionale. N.on solo. Questa guerra di successione, a volte guerreggiata e sanguinosa, che fruttò poco ai contadini, costò molto cara ai Comuni, che ne uscirono impoveriti, condannati all'inerzia, al dover attendere anche per le opere pu·bbliche di più modesto impegno l'intervento dello Stato, al dover tassare con mano pesante i cittadini (2 ), e, ancor più, a dover us·are dei ,beni loro rimasti in misura e in modi esiziali ,per la conservazione dei beni stessi, sicchè oggi Ie cose sono a un punt'o, se non proprio di rottura, certo di avan-zato 'snervamento'. Dicendo che la proprietà comunale è chiusa nel sistema latifondistico non si vuol significare solo eh'essa ne è circondata, ha in comune con questo il luogo geografico e le origini remote, feudali, e gli fa da nutrice integrandone la superficie e lo spazio economico, ma che essa appartiene al sistema e ne ha la struttura. Cioè, non solo la proprietà comunale integra la superficie del latifondo, dei due tipi, sia, per esempio, facendo da polo in montagna, sino quasi ai nostri giorni, alla grande impresa armen- ( 2 ) GENEROSO PATRONE in << Atti del congresso nazionale di selvicoltura», Firenze 1955, vol. I p. XXXVIII: << la proprietà comunale è un prezioso fattore di equilibrio della vita montana: dove essa invero si è mantenuta, tenui sono, generalmente, le tasse locali e rari i nullatenenti, dove essa manca e dove i boschi e i pascoli sono maltenuti, ivi è la miseria. Così, le èntrate effettive ordinarie per abitante sono state nel 1928 di L. 163 per i comuni montani con notevole patrimonio silvo-pastorale e di L. 57 per i comuni, sempre di montagna, senza boschi e pascoli ». [48] Bibloteca Gino Bianco
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