Nord e Sud - anno V - n. 42 - maggio 1958

gette a suo uso civico, ne asportano i prodotti spontanei a piene mani per . timore che quanto si lascia vada a beneficio d'altri. Boschi e pascoli, insom .. ma, vengono coltivati come una miniera, cioè a esaurimento, mentre invece la coltura silvo-pastorale è fatta di parsimonia, di attesa che il prodotto, legnoso ed er•baceo,torni a formar si. Di conseguenza i boschi e i pascoli di cui per il 91 % si compone la proprietà comunale, e che rappresentano il 34 ~la dei boschi e il 28 % dei pascoli (nel complesso quasi 1/3 della superficie coperta) dell'Italia meridionale, si sono ridotti a formazioni che, in molti luoghi, non difendo no nemmeno se stesse dalla furia delle acque, avrebbero, ,perciò, bisogno grandissimo di tutela, ma vi è più difficile che altrove far rispettare le leggi sulla difesa o conservazione del suolo. Queste, in ,breve e prima di affrontarne un'analisi •più attenta, sono le cause del decadimento presente, le conseguenze di altre forze che hanno agito nel passato, nei decenni che precedettero e seguirono l'Unità, quando si verificò quella frattura incolmabile di intensa degradazione, di sopraffazione e di spoliazione della proprietà comunale che, pervenutaci smembrata e chiusa nel sistema economico, immobile e anacronistico, del latifondo, ancora reca i segni e svolge i temi di quella crisi. La proprietà comunale per circa 2/5 è costituita da terre soggette a uso civico, dagli avanzi, cioè, di quegli immensi demani che tanto hanno contribuito al consolidamento del latifondo capitalistico e alla formazione di qt1ello contadino; di quei demani attorno ai quali si sono scontrate l'ingordigia e la fame di terra, e si è accesa, con l'eversione della feudalità, una specie di lotta di successione che, risolvendosi ora a favore dell'uno ora il rapporto tra superficie boscata e pascoliva e superficie comples siva della proprietà comunale. Per gli altri riferimenti statistici che s'incontreranno nel testo v. IsTITUTo CENTRALEDI STATISTICA., << Statistica forestale 1953-54 » Roma, 1956. Si avverte, infine, che le regioni meridionali qui considerate son o: Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, in armonia con le grandi circoscrizioni economico-agrarie in cui è stato diviso, per l'indagine I.N.E.A., il Mezzogiorno. D'altronde, non avendo questo, ai fini del nostro lavoro, un confine netto e assoluto, alcune delle conclusioni cui giungeremo potrebber o essere valide anche per molti comuni del Lazio meridionale e dell'Abruzzo e meno valide per altri della Sardegna. [47] Bibloteca Gino Bianco

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