qualunque altro partito che si fosse proposto il compito di fronteggiare la pressione comunista (e di riuscire nell'intento), nella situazione in cui era il nostro paese nell'immediato dopoguerra, avrebbe commesso una buona dose degli errori cl1e la democrazia cristiana ha commesso e la st1a sorte 110n · sarebbe stata gran che dissimile da qu·ella toccata alla dc- . . . ' mocraz1a cr1st1ana stessa. Appariva chiaro che le forze che nel nostro paese detenevan·o il potere erano sempre le stesse e che nei chiusi orizzonti politici, economici e spiritt1ali del nostro provi11cialismo nazionale, esse acquistavano fatal1nente, per impossibilità di ricambio, carattere monopolistico, baronale, autoritario. La libertà in Italia, nell'Italia isolata, non faceva grandi progressi, e non li poteva fare. La co11siderazione delle caratteristiche di fondo dell'economia italiana st1ggeriva considerazioni ~naloghe. Tutti lamentavano che le nostre industrie-chiave svolgevano la loro attività in regime di monopolio; ma non si ,poteva non osservare che, nonostante che le nostre industrie avessero raggiu11to la massima dimensione che il mercato nazionale loro consentiva, pure esse erano lontane dall'avere la possibilità di introdurre le più moderne tecniche produttive, percl1è troppo piccole; nè ,possedevano gli enor~i mezzi finanziari necessari alle ricerche scientifiche, che costi- , tuiscono il fattore principale dell'aumento della pr.oduttività. Nel nostro paese era inconcepibile quella produzione in regime di oligopolio di grandissime imprese, che consente al mercato una indubbia elasticità e gode insieme di tutti i vantaggi procurati dalle grandissime concentrazioni di capitale. E il •problema del Mezzogiorno? Eravamo forse in grado di risolverlo? Non si poteva certo p,ensare ai mezzi della politica finanziaria di congiuntura, perchè ben altro era il problema, e quanto all'attuazione di un programma di austerity e di investimenti forzosi, era facile osservare che il reddito degli italiani era in media troppo basso perchè f.osse possibile decurtarlo sensibilmente, nè si vedeva, poi, quale pa1 rtito avrebbe avuto la forza di imporre un programma economico del genere. Gli interessi per le cose d'Italia, intanto, mi avevano lentamente •portato anche a considerare la realtà degli altri paesi europei. Così venivo scoprendo che l'Italia non era il solo, paese che non riusciva a risolvere i suoi problemi di fondo: negli altri .paesi europei le cose non andavano [104] Bibloteca Gino Bianco
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