ma. Nei quotidiani lombardi, piemontesi e veneti (e specialmente nel ~orriere della Sera di Milano, nella Stampa e nella Gazzetta del Popolo di Torino, nel Gazzettino di Venezia) l'elzeviro rimane ancora la parte più notevole della pagina; esso consiste in genere in un pezzo di ottima fattura, vergato da penne illustri, su argomenti narrativi o, più spesso, di personale divagazione. Caratteristiche, in questi giornali, di tale articolo di apertura, sono da un lato, la qualità stilistica di buon livello (che si ritrova solo raramente nei quotidiani del Centro e anche delle altre parti del Nord), dall'altro, « l'atmosfera rarefatt·a >>, di inutilità preziosa, a cui si accompagna non solo la scarsa attualità, ma spesse volte l'anacronismo dell'argomento. Perciò, anche di fronte a quelli che sono poi, per concorde riconoscimento, i prodotti migliori di questo << genere >>, è legittimo domandarsi: quanti sono i lettori che continuano a leggere gli elzeviri dei grandi quotidiani? La diffusione, veramente ragguardevole, dei settimanali e degli altri periodici a rotocalco dimostra che gran parte degii italiani è a contatto con un altro tipo di prosa, senza fronzoli, anonima il1 più delle volte, ma funzionale. Quale la reazione dei lettori di fronte alla eleganza, ma anche al ritmo libresco degli articoli di Bacchelli e di Carlo Bo? È difficile conoscere dati, anche solo genericamente indicativi; ma la osservazione comune ci dice che quei pezzi, tirati in centinaia di migliaia di .copie, sono seguiti discus.si e commentati da pochì, pochissimi lettori. Nè può dirsi~ la nostra, una posizione estremista, se Alberto Moravia, cinque anni fa, così scriveva (nella sua risposta alPinchiesta di Falqui): « La terza pagina fu senza dubbio molto utile; essa creò, si può dire, un 11uovo genere letterario, l'elzeviro; e al tempo stesso contribuì a risolvere la .crisi della letteratura italiana dopo D'Annunzio. L'elzeviro, con le sue esigenze formali, d'altro canto, esercitò una infl.t1enza indubbia anche su altre parti della terza pagina. La decadenza della, terza pagina cominciò verso la fine del ventennio fascista con la creazione dei settimanali a rotocalco. Questi settimanali diedero gli stessi articoli della terza pagina, ma più giornalistici, più informativi, meno letterari. Nello stesso tempo, i giornali si lasciarono• sorprendere dalla crisi economica del dopoguerra con compensi spesso molto inferiori a quelli dei setti1nanali. Avvenne cosl che molti scrittori passarono al rotocalco, piegandosi alle esigenze di un giornalismo certo più sciatto di quello di un tempo, ma probabilmente più preciso e più rispondente ai gusti del grande pubblico. [57] Bibloteca Gino Bianco
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