Nord e Sud - anno V - n. 41 - aprile 1958

I confini delle prime sono stati ormai, dopo le conclusive progetta- ! zioni e valutazioni della Cassa del Mezzogiorno, esattamente definiti per un ammontare complessivo, difficilmente modificabile, di circa cinquecento mila ettari. Le zone irrigue rappresenteranno dei possenti polmoni •di vita per tutto il Mezzogiorno, quando avranno completato l'avviato processo di trasformazione. Questo, tuttavia, richiede ancora un im•ponente sforzo, diretto specialmente ad evitare o superare l'eccessivo frazionamento delle imprese e il disordinato particolarismo delle ·produzioni, oltre che ad assicurare una elevata efficienza produttiva e organizzativa sia negli ordinamenti agricoli che nei mercati e nelle industrie trasformatrici. I confini delle seconde - ossia delle terre altamente sitscettibili nei riguardi delle colture arboree e delle altre intensive non irrigue - van110 visti con uguale realismo (1 ). L'esperienza di due secoli - durante i quali il Mezzogiorno e le Isole hanno avuto dovunque imponenti realizzazioni nel cam·po delle colture arboree - dimostra inconfutabilmente che piantare alberi e vigne su terre inadatte e in climi malfidi è impresa folle. I progressi della tecnica moderna non giustificano un diverso giudizio; all'inverso convincono ad essere ancora più acuti, dato che i costosi interventi che essa suggerisce (l'impianto, le lavorazioni, le ·potature, le co11cimazioni, la difesa antiparassitaria) risultano remunerativi solo dove le condizioni ambientali danno sicuro affida·mento di alte e stabili rese unitarie e di una buona valorizzazione dei prodotti. Non voglio dire con questo che l'attuale superficie delle colture arboree ad elevata produzione e delle altre colture intensive non irrigue non possa essere estesa, ma certo questo estendimento, al netto delle superfici irrigabili già considerate' non potrà portare questa superficie - per indicarne l'ordine di grandezza - molto al di sopra di un milione e mezzo di ettari. Complessivamente, quindi, tra terre irrigue e altamente suscettibili si tratta di poco più di due milioni di ettari, ossia di meno di un quinto della superficie produttiva del Mezzogiorno. Malgrado le prevedibili e imprevedibili modifiche interne, malgrado il fatto che i loro i~dirizzi le ( 1 ) Naturalmente queste rappresentano solo una parte della superficie a colture arboree specializzate o altrimenti considerate intensive, dato che per un'altra parte queste hanno così basse e aleatorie produzioni o sono così frammentariamente disperse nei vasti territori dell'interno da dover essere considerate sullo stesso piano delle altre terre delle quali si dirà in seguito. [12] Bibloteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==