zioni più diverse; l'atteggiamento filofasçista è perciò in lui derivato e secondato (p. 176); il che non toglie che sia stato un grave errore di valutazione politica. La leggenda della responsabilità di Giolitti nella caduta del governo Bonomi è pure sfatata (p. 197). La sua figura viene così meglio chiarita, e il suo sforzo di avviare il paese fuori dalle difficoltà del dopoguerra è adeguatamente apprezzato. L'incomprensione della reale natura del fascismo e la conseguente tolleranza governativa sono nondimeno sottolineati (p. 168), così come s'insiste sul valore negativo della sua presa di posizione del luglio '22 contro un accordo tra socialisti ' e popolari (p. 208). Nell'insieme, la ricostruzione di S. e M. dà il giusto valore a certe sfumature essenziali, spesso dimenticate, che contribuiscono a rendere inaccettabile la tesi sbrigativa di una sostanziale collusione - o addirittura di un'identificazione ~ della classe dirigente tradizionale con il fascismo. In realtà il tentativo di Giolitti non poteva riuscire, perchè il governo non riusciva a ritrovare un saldo appoggio tra le forze politiche; nè poteva bastare un programma come quello giolittiano, che individuava e avviava a soluzione alcune grosse difficoltà, ma finiva con il trascurare la crisi etico-politica diffusa nel paese. Indice di questo può anche essere il fatto che il ritorno di Giolitti segnò sì la fine della divisione tra interventisti e neutralisti, come osservano S. e M. (p. 142), ma si trattò, per così dire, di una fine ottenuta per stanchezza senza che nulla di nuovo si riuscisse a conseguire. Come, su un altro piano, resta parimenti indicativo che gli stessi socialisti propensi alla collaborazione inclinassero verso Nitti più che verso Giolitti, il che era certo un equivoco, ma contava egualmente. Nel paese, intanto, la situazione peggiorava in modo irreparabile; il fascismo s'imponeva, e la colpa non poteva essere certo attribuita ai limiti di Giolitti. Il paese intero non si ritrovava più, e s'intricava in contraddizioni irresolubili, men-· tre era scomparsa la possibilità di una. collaborazione efficace tra le varie forze· politiche. Su queste condizioni generali S. e M. insistono giustamente per spiegare i progressi del fascismo. La connivenza dei vari governi è esclusa, con prove, allo stato della documentazione attuale, persuasive (v. pp. 165-166, p. 184,. p. 188, p. 193, p. 204); e piuttosto vengono sottolineate le solidarietà che il fa..-. scismo trovò presso le autorità locali (pp. 164-166, p. 188 ecc.). S. e M. impo-- stano cioè il problema in un modo assai~ diverso dal solito: la tolleranza governativa è indubbia, e resta valida l'obiezione: che un diverso atteggiamento dal centro avrebbe nettamente influito sulle autorità. periferiche; cade però ogni idea di un. ben determinato atteggiamento governa-- tivo in pro del fascismo. Gli appoggi, le parzialità, le vere e proprie connivenzesi ebbero sul piano locale, in corrispon-· denza di un processo di disgregazione dell'autorità dello Stato. Il rilievo è im- ·portante e potrebbe essere ampliato con·. qualche riferimento alla lotta pro e contro l'intervento. Nemmeno allora la spin-· ta principale alle forze interventiste venne dal governo; il movimento prese vi- [120] Bibloteca Gino Bianco I
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