--mitologia gramsciana: da Gramsci « teorico di una cultura nuova e feconda » contrapposta alla sterile e reazionaria cultura idealistica, alla discendenza desanctisiana delle note di critica. letteraria contenute nei « Quaderai ». Contemporaneamente sono state rinnovate le eterne accuse a Croce -di aver « cautelosamente » (sic!) tenuto lontano dalla storia il suo modello di artista e di filosofo, e di avere, grazie a questa sua nefasta influenza, contribuito a distrarre gli intellettuali italiani dal loro impegno civile. Non è mancato poi l'invito perentorio a non esagerare riguardo alla formazione idealistica di Gramsci: questa è stata ristretta ai suoi primissimi anni di studio universitario, alla sua infanzia cu·Zturale. Manacorda, Candeloro e, di sfuggita, lo .stesso Togliatti hanno addirittura parlato di una importantissima matrice positivistica del pensiero gramsciano, facendo specialmente i nomi di Cattaneo e Salvemini. E Petronio, parlando dell'estetica di Gramsci, ha tuonato contro « quei marxisti o marxisteggianti di oggi, timidi ancora di fronte alla esperienza crociana, incapaci di liberarsene a fondo, teorizzatori e banditori <li non si sa quale sua universale e necessaria validità ». Sono esempi che mostrano come, nonostante tutto il gran parlare di superamento e di cultura nuova, un grande complesso di inferiorità affligga i nostri comunisti s~ ricorrono a queste stonate difese dal crocianesimo del loro massimo esponente culturale. Tanto più che in queste difese dalla 8: reazione » crociana si è esau.rito l'aspetto cultur·ale del Convegno. Ma arrimesso che fosse nobile l'intento di difesa, più abili potevano essere almeno _gli argomenti a ciò predisposti. Non persuadeva in questi il grande affem1are senza dimostrare, l'uso arbitrario dei termini vecchio e nuovo come criterio di valutazione di opposte culture (non basta definire vecchia una cultura per spiegarla: la cultura dei totalitarismi del nostro secolo è stata nuova cronologicamente, eppure anacronistica rispetto alle grandi linee di avanzamento della civiltà contemporanea), la difesa delle affermazioni gramsciane, ad oltranza, acritica, pervasa di mediocre filologismo. Nel quadro di questa sostanziale fedeltà ai luoghi comuni della politica culturale si possono spiegare alcune curiose contraddizioni rilevabili qua e là, sparse nei vari interventi o comunicazioni del Convegno e che certo no11 preludono ad una svolta nel campo degli studi gramsciani: Zangheri, ad es., in polemica con Romeo (l'unico studioso e critico non marxista citato) si dedicò ad una particolareggiata dimostrazione tecnico-economica della esattezza degli argomenti di Gramsci circa le possibilità di un moto agrario nel Risorgimento; ma, con curiosa incongruenza, avvertì che Gramsci non era affatto convinto che il Risorgimento non sarebbe fallito se si fosse sviluppato nel senso di una rivoluzione co.ntadina favorita da un movimento giacobino analogo a quello francese. Affermazione francamente audace e difficilmente [48] Bibloteca Gino Bianco
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