Nord e Sud - anno V - n. 40 - marzo 1958

tanto difensiva, il Convegno di studi gramsciani, tenuto a Roma in gennaio, ha significato proprio il tentativo di riproporre agli uomini di cultura la formula comunista. In realtà, la crisi del 1956, per ammissione comune, non interruppe una feconda attività degli studiosi che si ritrovavano attorno ai movimenti della sinistra marxista, piuttosto individuò i motivi che immediatamente avevano reso sterile e poco seria ogni ricerca che si ispirasse o fosse riconducibile agli schemi marxisti. l\1a gli accadimenti di quell'anno si palesarono subito di tale portata da escludere la possibilità di discutere quelle implicazioni critiche nell'organizzazione esistente: fu così che tra gli intellettuali si verificò la reazione più viva e più difficilmente controllabile, cui seguirono le dimissioni dei più noti tra essi. Cadevano, a un tempo, le premesse di ogni situazione di « frontismo » culturale: quella di una « nuova cultura », che intorno alla rivendicazione comunista aveva raccolto le persone e le posizioni più diverse; dal momento che affiorava la contraddittorietà tra le ragioni della cultura e la prassi seguita; e l'altra della comune difesa della libertà contro i tentativi di instaurare un regime reazionario, al sopravvenire di una vicenda che co- ·stringeva a ripensare al significato vero delle esigenze liberali. La fine del frontismo e le dimissioni degli intellettuali si accompagnavano, nel fatto, alla esclusione dei comunisti dal quotidiano dibattito culturale. Non è contestabile che, per un lungo tempo, l'attenzi<?ne di tutto un settore della sinistra sia stato rivolto alla discussione di libri, fatti, opinioni, che garantivano ai comunisti la partecipazione più larga e la possibilità sempre più ampia di interpretazioni di comodo. Oggi, per mostrare quali siano gli orientamenti. di quel medesimo settore, sono- sufficienti alcune note di cronaca: l'accenno alle varie « vie nazionali », quella polacca o jugoslava o cinese, ha quasi sempre valore polemico rispetto al modo in cui nell'URSS si procede all'edificazione del socialismo; i libri discussi sono quelli di Dudinzev, Pasternàk, Déry, con argomenti ricchi di sottintesi politici, mentre i comunisti, quando il silenzio potrebbe sembrare eccessivo, ripiegano su analisi di carattere moderatamente formale; i temi politico-ideologici li. forniscono ancora i libri di Guiducci o di Giolitti, senza che la risposta di Longo a quest'ultimo riesca ad attirare altrettanta attenzione, nonostante che il tono sia stato misurato proprio per consentire l'inserimento nella discussione; le riviste più vive, e di cui si parla, fanno apertamente la fronda, quasi a far risaltare la differenza con « Il Contemporaneo», soppresso mentre avvizziva in una sorta di neutralismo culturale, dopo aver riservat9 tutti gli ardimenti alle soluzioni tipografiche, attinte da un « Politecnico 1> irrimediabilmente in ritardo. Più che di isolamento, dunque, è il caso di parlare di esclusione dei comunisti, poichè è proprio la natura degli argomenti trattati a (44] Bibliotecaginobianco

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