più partiti, ma più ampiamente diretta ad un generale rinnovamento della cultura italiana, o del modo italiano di far cultura, che sareb,be la medesima cosa. Ottimamente, an-che se non son propositi nuovi. Proprio perchè non son propositi nuovi, anzi, vorremmo che di una simile impresa non si sentisse soltanto l'importanza, ma anche la responsabilità ed il peso; poichè in faccende del genere non sono mai accettabili le cose fatte a mezzo, nè la felice colpa dell'età giovine o il lieve tempo ancora impiegato possono tener luogo degli studi non fatti e far apprezzare le ignoranze raggelanti. Alla cultura sono ignoti i diritti dell'età minore. Anche se - è opportuno ricordarlo - ai nostri intellettuali di sinistra non sarebbe nemmeno possi- ·bile concedere una simile attenuante di minorità, poichè i dieci e più anni da essi già spesi senza risultato corrispondono, tanto per fare un esempio, al tempo impiegato dagli idealisti, quando, al principio del secolo, si impegnarono a rinnovare la cultura italiana; e la rinnovarono sul serio. E quando si obietta che gli anni recenti trascorsero in situazioni del tutto particolari, nelle quali gli intellettuali fecero le spese di costrizion.i e di imposizioni, si confonde la causa con l'effetto, poichè fu un cedimento intellettuale, nato dall'accettazione di una abitudine antiscientifica non ri- ( chiesta da alcuna dottrina, a permettere il sopravvento delle ragioni di parte, e non viceversa. La fretta di esprimersi, l'accettazione acritica delle . novità e il fenomeno delle novità in ritardo, le stesse lacune - tutte cose all'indoma11i del 1945 giustificate dal clima nuovo, dopo che la guerra ed il regime fascista avevano gr~ndemente frenato la circolazione delle notizie e delle idee - perdevano ragione e forza quando la situazione, stabilizzandosi, esigeva che all'entusiasmo si unisse la riflessione. Lo stesso irrigidirsi della situazione interna ed internazionale, a cui gli intellettuali di sinistra sono sofai richiamarsi come all'occasione che impose compiti particolari, li vide legati ad un modo di dare il loro contributo alla attività politica che, significativo fino allora di un rigoglioso risveglio della coscienza civile, diveniva, col mutare delle condizioni reali, abbandono velleitario. Non era lontano il momento in cui si sarebbero impigriti nella facilità dell'azione agitatorià in campo culturale, affidando ai diad inti~i ed ai _ fogli clandestini i superstiti sfoghi della coscienza. Le ragioni della cultura, dunque, furono abbandonate e quelle della politica degradate a mansioni -esecutive molto lontane dall'apporto effet- [24] Bibloteca Gino Bianco
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