Nord e Sud - anno V - n. 40 - marzo 1958

uno « sviluppo pacifico e legale del socialismo~, svalutando però nel contempo l'importanza d'una partecipazione socialista al governo (pp. 83-84). E infine, capovolgendo i termini e ignorando il problema de!l'inserimento dei socialisti nello Stato liberale, nota che << comunque » quando il socialismo, fedele al suo programma di procedere << dal basso verso l'alto », conquistò i comuni, << fu armato e potenziato il fascismo » (ivi). La complessità e varietà della lotta politica assume così spesso un tono monocorde. Per il resto si tratta d'accenni, che qua e là indubbiamente si ritrovano, ma non vengono svi1uppati nè ben valutati, non fan corpo insomma con l'interpretazione complessiva. Così avviene per molte delle osservazioni sul fascismo prima riferite; così per l'atteggiamento antifascista dei nit-- tiani {p. 286), o per la posizione della Stampa, che riflette e spiega meglio quella di Giolitti, mettendo in primo piano la preoccupazione per la stabilità del!o Stato, e sostenendo che << il pericolo che ci minaccia non si chiama comunismo, non si chiama socialismo, si chiama fallimento ~ {ivi). Numerose, ma sparse e non coordi-- nate restano in genere le citazioni tratte dai giornali democratici. Anche la preoccupazione di Albertini per l'autorità dello Stato, da cui deriva la posizione del Corriere nei riguardi del fascismo, è accennata (p. 264); ma non è ben spiegata, ed anzi la sua costante, decennale, irred ucibi]e polemica antigiolittiana, in un altro punto (p. 217), sembra addirittura ricondotta inspiegabilmente ad espressione della « nuova fase di vita del capitalismo italiano » nel dopoguerra. Con evidenza anche maggiore le con-~ traddizioni ed i limiti dei lavori dell' Arisultano dai saggi biografici. Egli cerca di mostrare una comprensione più aperta~ di ritrovare una vivacità non so~o este--- riore; delinea brevemente anche la formazione intellettuale di Orlando, Salandra o Albertini, con qualche riferimento-- alle correnti culturali del tempo; ma tut-- to questo alla fine non fa che rendere più stridente il contrasto con lo schematismo che continua a reggere i giudizi fina!i edetermina l'impostazione della ricerca. Così, nel caso di Orlando, l'A. mostra come questi, nel suo liberalismo e nelle teorie giuridiche, s'ispirasse soprattutto ad uno storicismo dimentico delle sue erigi-• ne razionalistiche e settecentesche, e incli-- nasse a forme d'empirismo e relativismo, abbastanza sprovvedute. Sono spunti, questi, utili e poco studiati (manca però anche un solo accenno al diffuso positivismo), per intendere la fisionomia effettiva della classe dirigente tradizionale italiana, e, su un piano più ampio, la crisi del liberalismo. Ma l'A. non li sviluppa, e nemmeno mostra di coglierne appieno il valore, ritornando ad es. per spiegare l'atteggiamento di Orlando nei confronti del fascismo al motivo dell'antisocialismo,. con cui poi non riesce, ovviamente, a dar ragione del successivo distacco se non in. termini di dignità personale. Allo stesso, modo, trattando del!' Albertini, delinea la sua formazione teorica, accenna alle stes-- se personali vicende; par!a del liberismo, dell,influenza dell'àmbiente inglese, dell'enorme peso dato dall'Albertini agli av-- [127] Bibloteca Gino Bianco

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