coinvolga tutto il liberalismo (p. 71; ma anche p. 107 in nota; ivi, per l'antiliberalisn10 di molti fascisti; p. 485 per il giudizio di Gobetti << sul fascismo anticapitalistico e antioperaio perchè infantile >). Da questo punto di vista, il fascismo opera a[ 'interno della borghesia, e della stessa classe dirigente, una frattura assai più sensibile di quello che l' A. non sembra credere. Le osservazioni del Croce, .giudicate come << inconcludenti > (p. 65) a questo proposito, appaiono invece stimolanti per una indagine in profondità. Si tratta certo di una frattura non subito avvertibile, ma anche le tardive resipiscenze d1 vari esponenti liberali (pp. 138-141) sembrano dettate non solo dalla delusione per essere stati esclusi dal potere, come afferro~ l'A., ma anche dal constatare l'inconciliabilità sempre più netta del fascismo con il liberalismo. E in ogni modo l'antitesi tra le due dottrine, il carattere violentemente « antirisorgimentale ~ del fascismo - cosa che l'A. dimentica - restano fuori discussione, al di là di ogni compromissione di singoli uomini, e delle stesse debolezze, omertà, insufficienze, incon1prensioni, e lo stesso crudele egoismo di larga parte della classe dirigente tradizionale, inadeguata indubbiamente ai gravi compiti del dopoguerra. L'analisi, documentata e persuasiva, che l' A. co1npie dell'atteggiamento del partito popolare, notando anche l'equivoca prudenza <li Sturzo verso il fascismo (pp. 75-76 e note) appare perciò forzata, quando i popolari vengono apparentati a liberali e democratici nella comune denominazione di « classe dirigente del fallimento~ (ivi). Le distinzioni fondamentali vengono così annullate, e l'A. non può evitare nemmeno di ricadere nell'abusato luogo comune della sostanziale identità di posizioni fra Bergamini, Sonnino, Sarrocchi, Casati, e Nitti, o Giolitti, o Croce (v. pp. 136-137). ••• In altri saggi,, l'A. si dedica alla ricostruzione diretta e documentata degli avvenimenti, seguendoli nel loro concreto svolgersi, o esaminandoli attraverso la biografia di vari esponenti del liberalismo. Ma la sua stessa ricerca storica riesce inevitabilmente lacunosa, e l'interpretazione dei singoli episodi spesso .non persuade pienamente. Gli orientamenti più generali dell'A., così discutibili, finiscono con l'avere un'influenza determinante nell'uso stesso delle fonti e nella loro lettura. Il rammarico è tanto più vivo, perchè egli n1ostra d'avere utilizzato largamente la stampa e la pubblicistica dell'epoca. Cosi, nel saggio più ampio del volume su Il secondo ministero Facta e la marcia su Roma, l'A., attenendosi strettamente alla sua convinzione che il contenuto della crisi del '22 sia essenzialmente antisocialista, non sente il bisogno di studiare le idee, gli orientamenti, le ragioni della classe dirigente, per cui la natura particolare della sua documentazione offriva invece indicazioni preziose. Inclina piuttosto ad una ricostruzione serrata dei fatti, assorbendo nell'azione pratica - di cui dà spesso una rappresentazione per forza di cose monca o svisata - ogni altro elemento. Le diverse forze in gioco in tal modo non risultano ben illuminate, con la sola eccezione, non casuale, dei fascisti. La spregiudicata volontà di Mussolini di giungere con ogni mezzo alla conquista del potere prende anzi un maggior risal- [125J Bibloteca Gino Bianco
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