' discorsi di Giolitti del Valeri, pp. 65-67, e il Da Giolitti a Mussolini, pp. 224-225). Meno ancora riesce persuasivo il modo con cui l'A. giustifica la sua scelta: << mi lirniterò a tale scopo a citare il giudizio di alcuni scrittori e uomini politici, dei quali nessuno comunista, e due soli di sinistra» (p. 53). È arbitrario servirsi delle fonti considerandole prevalentemente in base alla parte politica cui appartengono; ed inoltre è davvero strana quest' esclusione di ogni fonte comunista ... perchè sospetta di parzialità, e sia pure fatta allo scopo di riuscir subito più convincente nella dimostrazione (si veda per questo metodo anche p. 49, p. 134, p. 499). E tuttavia questo giudizio completamente negativo su tutta la classe dirigente italiana, anche se così scarsamente motivato come si è visto, è il punto cardine della successiva valutazione dell' A. D'altra parte, solo affermando l'inesistenza di un autentico liberalismo in Italia, egli p-qò poi presentare il contrasto fra Giolitti e Salandra come una vicenda interna al << regime » (p. 49, p. 51) che resta invece sostanzialmente il medesimo (v. spec. p. 80, dove si nega anche la fedeltà democratica di Giolitti). Per la classe dirigente, il pericolo, secondo l'A., appare sempre a sinistra; e se la concessione del suffragio universale nel '13 provoca la reazione della fazione più retriva ed antigiolittiana, poi, di fronte alla pericolosa situazione del dopoguerra, sarà lo ~tesso Giolitti a non esitare nel sacrificare la democrazia agli interessi conservatori. La prova della natura conservatrice del nuovo Stato uscito dal Risorgimento, nel libro dell' A., sembra offerta per altro solo dalle leggi elettorali e dallo sviluppo costituzionale, « di una lentezza e timidità eccezionali in confronto con quello verificatosi in altri paesi europei ~ (p. 47). Affermazione, quest'ultima, esagerata e discutibile (si possono vedere, per questo· problema, i dati forniti dal Salvemini in Fu l'Italia prefascista una democrazia?~ « Il Ponte », 1952, spec. p. 14). Ma l'A., che pur non ignora le sostanziali divergenze all'interno della classe dirigente, e,. oltre al contrasto fra Giolitti e Salandra, mette ad es. in rilievo le tendenze democratiche di Nitti (pp. 55-57), o nota, sia pur con giudizi contraddittori (p. 60 e p. 73), il valore del progetto di partecipazione operaia al controllo delle fabbriche, considera poi di fatto tale classe come monolitica, nella difesa dei propri privilegi (p. 63). Ed essa può appunto solidarizzare intimamente con il fascismo~ mostrando così il suo chiuso carattere di classe e chiarendo insieme il vero significato del fascismo. Le osservazioni già fatte a proposito del nazionalismo tornano utili qui: l'A. - ed è la parte migliore del saggio - documenta chiaramente che il fascismo non si volse contro << gli eccessi del bolscevismo, ma contro le organizzazioni del ' proletariato ' e non solo socialiste, ma anche cattoliche, repubblicane, anarchiche, sindacaliste e apolitiche » (pp. 65-72, pp. 94-103, ma spec. p. 70). In queste vio!enze, in questi attacchi indiscriminati, si mostra bene quale particolare idea della << classe » avesse . il fascismo. Anche solo alcune acute citazioni di Arturo Labriola, contemporanee agli eventi e riportate dall' A., lo illustrano bene; e si veda anche, ad es., come nel Pantaleoni, « il solo teorico serio del fascismo », il bolscevismo preso di mira (124] Bibloteca Gino Bianco
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