Nord e Sud - anno V - n. 40 - marzo 1958

.~gativi e più appariscenti della classe dirigente tradizionale, visti anzi solo neile loro pratiche, tmmediate Qualsiasi storia delle idee, conseguenze. . . . sia pure 1nt1mamente intrecciata agli avvenimenti, è trascurata. L' A. non dà alcuno spazio ai rapporti fra liberalismo e nazionalismo, in Italia e in Europa; non accenna nemn1eno all'importanza della prima guerra mondiale che rende più facile il tra passo .dall'idea di nazione agli esasperati nazionalismi, e accentua per contro le diffi- -,coltà del liberalismo tradizionale, incline per tradizione ottocentesca al vecchio sentimento nazionale. Il liberalismo si trova sprovveduto, prima nelle idee e poi negli uomini, di fronte alla realtà del dopoguerra: esempio cospicuo, fra gli altri, appare, appunto, la sua incapacità, ·sul piano teorico, a contrastare con il nazionalismo. Se si toglie dalla storia ogni .accenno al contrasto d'idee e tesi politi- -che, ricco anche se a volte tortuoso, che si ebbe in Italia dal '19 sino al '25 (e questo resta il difetto più grave del li- ·bro dell'A.; ed è, del resto, un argomento sin ad oggi sottovalutato e poco stu- <iiato), tutto perde rilievo e significato. A guardar bene, la stessa « lotta antisocialista ~, che, secondo l'A., costituisce il motivo dominante del dopoguerra, e porta .al blocco di tutte le forze liberali e democratiche, salve le << pochissime ed onorevoli eccezioni ~, con fascisti e nazionalisti, appare priva di motivazioni e ragioni che non siano l'esplicito contrasto di classe. Il che è senz'altro impossibile ed antistorico: anche usando i termini di sovrastruttura e struttura, si direbbe che la prin1a sia per l' A. inesistente (e qua e là si trovano invece nel suo stesso libro documenti interessanti a questo fine e non utilizzati: si vedano ad es., per Nitti, le citazioni alle pp. 90, 91, 113, ecc.). Non a caso perciò il naziona!ismo è visto solo come un insieme di tesi logicamente concatenate, senza porlo in alcuna relazione con la cultura irrazionalista. Il problema delle sue origini viene così risolto in modo sbrigativo e non convincente: « come ideologia politica, il nazionalismo italiano nacque nella mente di un uomo: Enrico Corradini» (p. 19). Anche il senso in cui si può parlare del nazionalismo come « movimento di classe » resta alla fine impreciso. L' A. accetta, senza vagliarle criticamente, le testimonianze dei primi nazionalisti, le professioni di fede antidemocratica, il desi- <lerio di ridar vigore alla borghesia e in particolare all' « aristocrazia industriale ». Non mette in luce cioè a sufficienza l'i1npulso volontaristico di quei moti, il loro carattere sostanziale di n1inoranza sovvertitrice, e accetta per dati di fatto le loro idee politico-economiche. Ma, a considerare da vicino le cose, in che limiti e in che misura si può parlare di moto di classe? L'origine della corrente nazionalista, come poi quella del fascismo, lascia nei due movimenti un'impronta indelebile . La stessa propensione a solidarizzare brutalmente e immediatamente con determinati interessi economici (tendenza messa subito bene in rilievo anche dal Croce, cosa che l'A. non ricorda; v. per questo il libro del Valeri Da Giolitti a Mussolini, spec. p. 212), accentua la loro parzialità e violenza.· Il moto di classe che ne risulta diventa così molto sui generis, e si volge con estrema decisione contro il li- [122] Bibloteca Gino Bianco

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