Nord e Sud - anno V - n. 40 - marzo 1958

presa " bene1nerita ", benchè compiuta da un gesuita. Posso chiedergl'i ptrchè in quei trentadue anni tale impresa non sia sta ta compiuta da Croce o da Gentile o da un. qualche loro discepolo? E per chè ancora oggi si incontrino presso certi editori dei rifiuti di ovvia orig ine idealistiéa allorchè .si propongono altre benemerite imprese? La verità è c he il costume intellettuale del neo-idealismo italiano fu spesso quello d i ignorare, o di svalutare aprioristicamente., tutti i testi che non confermassero le sue tesi, o che non fossero almeno., in u.n modo o nell'altro, riconducibili a esse. In questo ignorare e svalutare ci fu spesso una tracot anza e una sufficienza, dello stesso tipo di quelle ora esemplificate da De Ma uro: il quale dai s·uoi Maestri sembra dunq·ue aver appreso soltanto il pegg io. Ma a parte tutto ciò, De Mauro, che una volta di più si contraddice in maniera lampante, aveva pur parlato degli « iniziali assunti antifilosofièi espressi nel programma ufficiale del Circolo [di Vie nna] »(nota .21); ant.i, aveva perfino citato (e sia pure' per irridere) il neopositivista Feigl sulla ~ magia verbale» che inficia l'intera tradizione filosofica (p. 36). Testi alla mano (basta scorrere le annate della loro rivista Erkenntnis), i Viennesi battagliarono infatti contro la filosofia come metafisica e contro la teoria della conoscenza come teoresi in grado di metter l'uomo a contatto con verità sovrae111piriche. Sotto tale profilo, la loro opera fu veramente kantiana (certo, non ci riferiamo qui al Kant "superato " dagli idealisti). Non dico che gli strumenti dei Viennesi fossero adeguati; nè dico che ess i., interessati com'erano alle scienze matematiche e fisiche, mettessero in campo una sufficiente consapevolezza storiografica. Tanto è vero che oggigiorno quegli stessi fra gli analisti, che più si accostano all'originario insegnamen to dei Vienn(!si, non si servono più dei loro strumenti concettuali o lo fan no solo completandoli e correggendoli in maniera. radicale. Ma certo quelli erano i loro obiettivi. Non si capisce dunque a che titolo De Mauro tenti a un certo punto di metter nello stesso paniere, addirittura, neopositivisti e gesuiti. · J filosofi cattolici razionalisti, gesuiti o no, sono necessariamen te dei metafisici. Pér essi non può non esistere una qualche teoresi; altrimenti cadrebbero nelle aborrite spire del volontarismo. Quanto meno., un filosofo cattolico deve rendet ragione dell'esperienza religiosa come non riducibile alla esperienza comunemente intesa. Se De Mauro non vuol fare della v era e propria malversazione intellettuale, gli incombe l'onere di indicare a i suoi lettori i luoghi in cui pensatori come E. Mach., Ch.S. Peirce, G. Vailati, M. Calderoni, H. Dingler., G. E. Moore, L. Wittgenstein, B. Russell, R. Carnap. M. Schlick, O. Neurath. Ch. Morris, G. Bergmann, G. Ryle, ]. Wisdom e tutti gli altri sostengono tesi cattoliche o anche soltanto tesi attinenti alla metafisica della visione cristi·ana del mondo (beninteso, non farebbe meravi- [109] Bibloteca Gino Bianco '

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