mo e che egli, speriamo involontariamente, ignora? Mi accontenterò di chia rire un luogo che egli pur cita: si tratta del paragrafetto << L'Austria e la filosofia kantiana », che figura alle pp. 86-7 di Il neopositivismo logico di Francesco Barone. De Mauro cerca di far passare per buone certe sue affermazioni valendosi con totale arbitrio dell'autorità acquisita da Barone in fatto di origini del neopositivismo. Utilizzando un noto libretto di1 N eurath, Barone scrive: « La storia delle concezioni empiristiche, metafisiche e anche teologiche nei territori della vecchia dinastia austriaca non rappresenta un capitolo della storia filosofica della Germania, in quanto la Chiesa e la Corte respinsero deliberatamente il .kantismo e l'idealismo speculativo come prodotti della rivoluzione francese, favorendo nelle Università e nell'in,segnamento in genere i fautori delle dottrine leibniziane: si mirò a riallacciaré la cultura austriaca alle dottrine precritiche "en écartant l' en tre-acte kantiste" (qui Barone fa riferimento alla p. 35 dello scritto di Neurath) ». Prosegue Barone: « E' quindi co1nprensibile come presso i neopositivisti coritemporanei, compresi gli appartenenti al Circolo di Vienna, l'atteggiamento critic.o nei confronti della concezione aprioristica della conoscenza sia det1:rminato, tanto nell'aspetto esegetico quanto nelle tesj solutive, dalle dottrine formulate dai "berlinesi" e, in special modo, dal Reicheribach, la citi formazione filosofica avvenne in un ambiente permeato da dottrine 1noventisi nell'ambito della problematica kantiana» (entrambi i brani alla p. 87 del libro di Barone, che poi prosegue occupandosi appunto della formazione di Reichenbach). Ora De Mauro non solo ignora quanto Barone dice della presenza di Kant presso gli stessi Viennesi, ma travisa nel modo seguente il resto: « Patria del neopositivismo è l'Austria, che aveva avuto la " fortuna " di evitare " l'entre-acte kantiste ", in quanto con singolare concordia la Corte austriaca e la Chiesa cattolica, assecondate in ciò dai professori delle facoltà di filosofia) condannarono e respinsero il kantismo, l'idealis11io e lo storicismo come "filosofie rivoluzionarie", nefasti prodotti della Rivoluzione francese; contro il "pestifero Grande" Chiesa e Corte appoggiarono la vecchia tradizione filosofica prescritta [?] wolffiana in quanto meno pericolosa politicamente del criticismo e dello storicismo ... » (p. 40). Ora è proprio contro il reazionarismo degli ambienti ufficiali austriaci che i Viennesi reagirono; e lo fecero non solo sen.za equivoci e senza scrupoli, ma anzi con una furia che tutti concordemente hanno ritenuto perfino eccessiva. Come scrive A.]. Ayer (The Revolution in Philosophy,, Londra 1956, .p. 72), le idee del Circolo di Vienna « erano inaccettabili ai governi clericali di destra di Dollfuss e di Schuschnigg, e ancor più ai nazisti che a quelli succedettero. Furono proprio i fascisti a non condividere l'opinione, messa avanti da giornalisti ignoranti e irresponsabili, che il positivi- [107] Bibloteca Gino Bianco /
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==