osservare questi limiti, chè trasgredirli implica noncuranza e assenza di gusto, disinteresse per il giudizio del pubblico e, in definitiva, mancanza di intuito professionale. L'organo del Banco di Napoli (cl1e pure si vanta di riallacciarsi a una tradizione giornalistica, se non altro di mestiere, che viene ritenuta, a torto o a ragione, significativa, e che cova una presunzione di dignità, una ambizione di autorevolezza) sempre più frequentemente dà luogo a trasgressioni di questo genere con le cronache e i commenti che riempiono le sue colonne. E si sono avute recentemente manifestazioni celebrative, espedienti infantili di cortigianeria e di imbonimento, una crescente, sciatta, indecorosa prestazione di giornalismo ufficioso; tale da risultare inaccettabile persino a un foglio della più desolata provi11cia. E Napoli tale non è, o tale, per lo meno, non è ancora. Queste considerazioni sono mosse da un legittimo rammarico, e da inquietudini altrettanto legittime per lo stato miserando della stampa cittadina: e testimonianza vistosa di questo sono stati, per esempio, due numeri de Il Mattino) sui quali, oltre ogni limite, e in modo dannoso, si è manifestata la perniciosa tendenza a cui si accennava. Domenica, 17 novembre, è stato distribuito un mastodontico numero del Mattino) di 32 pagine, seguito, a quattro giorni di distanza, da un altro numero « speciale », di 16 pagine. Le 48 pagine complessive testimoniavano di uno squallore editoriale, e al tempo stesso di una sciatteria cui uomini autorevoli si abbandonano troppo spesso. Non intendiamo alludere a Giovanni Ansaldo; al- quale nessuno potrà negare una consumata abilità di mestiere. l\1a è un fatto che la sua stessa dignità di direttore - o soltanto di gi~rnalista - dovrebbe incoraggiarlo ad assumere atteggiamenti più decisi ed intransigenti 11ei confronti di una amministrazione che con tanta sconsiderata esuberanza sembra intralciare la sua opera e interferire nella stessa struttura del giornale. Perchè è a quest'ultima, all'amministrazione, che dobbiamo attribuire, presumibilmente, l'impudente impresa editoriale delle 48 pagine dedicate al « valido contributo dei ministri responsabili per la soluzione dei vitali problemi del Sud ». E da uomini di governo, come Gava e Campilli, è lecito pretendere che, quando impegnano la loro firma in calce a un testo, lo facciano in modo meno superficiale e più originale di quanto non abbiano fatto sul l'vlattino del 17 novembre, magari affidandosi a mediocri amanuensi. E che dire di un altro ministro, il quale, sostenendo che « la rete ferroviaria del meridione si adegua · alle nuove esigenze europee », ha tenuto a ricordare ai lettori del 1v[attino « l'entusiasmo con il quale le operose popolazioni meridionali hanno accolto il primo locomotore da Pescara a Bari ». Non diversamente si sarebbe espresso un alto funzion~rio borbonico, interrogato sulla realizzazione del celebre tratto ferroviario Napoli-Portici. E anche per l'industre popolazione della riva adriatica, da quel giorno, sono trascorsi 24 lustri e - quel che più rs1J Bibloteca Gino Bianco
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