alle bardature organizzative, all'ordine disciplinare, al mito della conquista finale, e simili: dovrebbe rinunciare al comunismo e farsi s·ocialdemocratico. Dovrebbe cioè rinunciare a se stesso. L'ipotesi non può essere presa i11 considerazione, anche se taluni socialisti di cc sinistra » - che fanno finta di muoversi in un'area ideologica extra-territoriale - vagheggiano un gomulkismo italiano! L'altra verità che non si può aver l'aria di scoprire, è che, se Tito ha p·otuto cambiare il suo co1nunisn10, egli disponeva di uno Stato. Dove i comunisti detengono il potere, i cambiamenti istituzionali - siano i consigli di gestione, sia la decentralizzazione, sia la « partecipazione operaia » negli . organismi della produzione o altro - non mettono in pericolo la forza con- ~olidata dell' ordinamento statuale e del regime; laddove una conversione dei partiti comunisti nei paesi a regime democratico sarebbe solo nell'interesse di questo regime. La presunta tesi dei « correttori » del comunis1no, o dei « revisionisti », porta o contro il comunismo o al rango dei perpetui compagni di strada. Ma per essere contro il comunismo con qualche efficacia occorrerà dare concretezza all'iniziativa socialista, mentre i compagni di strada saranno gratificati del disprezzo delle due parti avverse. Per i revisionisti che tendono all'unificazione socialista il discorso è appena aperto: l'unificazione è rinviata, essi devono ora limitarsi a propagandarla. L'imminenza elettorale però riconsolida gli egoismi e accentua il .lassismo antieroico della sinistra socialista italiana. Tuttavia la spera11za dell'unificazione - anche se non ha toccato l'anima delle masse comuniste che forse ne hanno provato gelosia - non tramonta, per l'inettitudine di gruppi dirigenti << invecchiati » (come ha detto Eugenio Reale), persino incerti, durante e dopo i fatti di Ungheria, tr;.i la sicurezza del vecchio equilibrio e il facile coraggio di una rapida svolta. La rinascita socialista naturalmente vi sarà, ma non prima che nuovi gruppi .dirigenti avranno rotto le incrostazioni conservatrici e le remore del compromesso. Oggi l'unificazione è giudicata una convenienza più dai piccolo-borghesi e da quei comunisti che sono logorati dagli asfissianti apparati, che dalla base comunista. All'abitudine di considerare i socialisti segnati di una « inferiorità » naturale, i militanti ostinati del PCI aggiungono ora una s·oddisfatta ironia: è infatti desolante che, mentre il PCI non sapeva cosa dire davanti alla tragedia ungherese, i socialisti non abbiano saputo cogliere l'occasione .storica per una immediata risoluzione dei rapporti « di classe ». Era allora possibile dichiarare l'incompatibilità tra comunismo e s·ocialismo e affrontare le conseguenze del riconoscime11to che il comunismo è l'opposto del socialismo. Bisognava far cadere le stesse « condizioni » socialdemocratiche e imporre una prova di forza e di coraggio alla classe lavoratrice. Le distinzioni, . ' [61] Bibloteca Gino Bianco •
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