Nord e Sud - anno IV - n. 37 - dicembre 1957

di pino (la deda, che lo Strati traduce in italiano la teda). Questa piccola società è tiranneggiata da un imbelle podestà, succube della sua fatua consorte, e da un segretario politico ignorante e maneggione; il medico condotto ha abbandonato la sua residenza e lascia che gli ammalati muoiano per mancanza di cure. Unica forma di organizzazione è l'associazione a delinquere, la <<mafia», tristemente nota per i suoi riti, per le sue soperchierie e per i suoi delitti. Non è un quadro di maniera quello che l'Autore ci offre: tale è la discrezione, e tanto raccolta e quasi pudica appare la sofferenza di queste creature che accettano la loro condizione come un antico ed irreparabile fato. I muratori portano nel villaggio la testimonianza di una civiltà diversa da quella nella quale i pastori di Terrarossa sembrano inevitabilmente imprigionati: a venti o trenta chilometri c'è la Marina, con le strade illuminate, la ferrovia, i giornali: la N1arina che è povera sì, ed umiliata dalla boria dei gerarchi, ma nella quale circola un'aria diversa ed esiste il lavoro qualificato e la possibilità di farsi ascoltare da quelli di Reggio. Reggio diventa un mito e un simbolo: il mito di una condizione umana più libera e civile, il sin1bolo di uno stato burocratico ed accentrato, nel quale non si può e non si sa attendere che per grazia degli uffici statali un provvedimento riparatore di antiche ingiustizie. A· Terrarossa da molti mesi non si distribuisce più la farina del tesseramento: un oscuro rancore contro le autorità cova nel cuore dei pastori, foriero di imminente tempesta. La presenza dei muratori nel villaggio serve, diciamo, da elemento catalizzat:ore: c'è uno di essi, Costanzo,, che insieme alla perizia del mestiere, ha acquistato attraverso disordinate letture e per una sua naturale tendenza alla rifles-· sione, la capacità di parlare ai pastori dei loro problemi e di far sentire loro, con un linguaggio semplice ed elementare, la testimonianza di una solidarietà umana che vale a sciogliere inveterati pregiudizi e ad infondere negli oppressi un senso di di- . ' . . gn1ta sinora ignoto. Le donne dei pastori organizzano una manifestazione davanti al palazzetto del podestà e minacciano di incendiargli la casa. Sopravvegono le prime piogge, insistenti, continue: i tor~enti ingrossano,. crollano i malfermi tuguri di Terrarossa~ Anche la guerra fascista si avvicina alla sua drammatica conclusione. Spunterà un'alba nuova per i pastori di Terrarossa? L'ottimistica fiducia in una imminente palingenesi, l'ingenuo simbolismo di certe immagini sembrerebbero suggerire l'impressione di un romanzo a tesi. Ma quanto di schematico e di allegorico può esserci nell'impianto narrativo si scioglie nella raccolta e pacata sofferenza che la pagina sa esprimere. Lo Strati si va lentamente, faticosamente, conquistando un linguaggio -s~lenne e lirico nello stesso tempo: c'è ancora qualche eccessivo compiacimento dialettale ed uno.spregio un po' artificioso dei moduli sintattici tradizionali; ma lo scrittore rivela già una matura capacità di obiettivare i sentimenti, di nascondersi discretamente dietro i suoi personaggi, senza forzarne il disegno, senza alterarne la misura lirica. E ci pare cada -qui opportuna un'altra osservazione, che è sfuggita ai recensori [127] Bibloteca Gino Bianco

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