che non arretrava innanzi a nessuna fatica fisica, che viaggiava in aeroplano, che prendeva da sè tt1tte le decisioni, che era dinamico nelle azioni e pronto nei giudizi, che aveva pronunciatissimo il senso dell'autorità e della p11bblica funzione e che era insieme bonario e alla mano. Considerato con un po' di prospettiva questo mito appare per quello che era veramente, una creazione a freddo costruita seguendo un grande modello, il modello di Franklin Delano Roosevelt: come Roosevelt era rapida~ mente diventato F.D.R., così anche Mendès-France diventò nei giornali amici P.M.F.; come Roosevelt teneva i famosi discorsi del caminetto anche Mendès-Fr.ance prese a rivolgersi direttamente al paese per radio; come Roosevelt così anche il nuovo Presidente del Consiglio aveva il suo brain trust personale ... E si potrebbe continuare a lungo nel raffronto: la differenza era, però, nel fatto che il mito di Roosevelt nacque spontaneamente in un momento tragico della storia americana ed era perciò vivo ed efficace laddove quello che si tentò di inventare per Mendès-France era un'operazione di mera tecnica politica, e fallì perciò come sogliono fallire le operazioni di tal genere, svanita la prima curiosità. E di più come si accennava, danneggio la reputazione dell'uomo: dal momento che per la situazione nella quale egli era costretto ad agire le sue azioni non corrispondevano alla leggenda, Mendès-France apparve ambiguo, insincero e machiavellico manovratore politico; la pretesa d'energia e il generico populismo passarono per autoritarismo e velleità di potere personale; le allocuzioni radiofoniche furono interpretate come s,egno della volontà di scavalcare il Parlamento; la frugalità delle abitudini e l'attitudine al lavoro furono tenute vanitoso esibizionismo. La piatta ripresa del modello rooseveltiano produceva più danno che vantaggio. Il nuovo Presidente del Consiglio era in verità un personaggio assai più complesso di quello che la leggenda tendeva ad accreditare: giova... nissimo deputato e giovlanissimo sottosegretario nel governo di Fronte Popolare, nel 1940 non esitò a scegliere la sua parte e fu di quelli che militarono per la Franica Libera; ministro nel 1945 si dimise dal governo quando questo rifiutò il suo piano di risanamento economico del paese, un pia-4 no Jrastico, troppo drastico a giudizio di Pleven e di De Gaulle, e da allora non partecipò a nessuno dei governi della IV Repu'bblica. Vi era stato nel destino del dep11tato radi~ale dell'Eure qualcosa che assomiglia va al destino del generale: lo stesso rifit1to del compromesso e la stessa [1131 Bibloteca Gino Bianco
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