Nord e Sud - anno IV - n. 36 - novembre 1957

sarebbe stato accelerato, la spirale dell'inflazione spezzata e favorito il risparmio che avrebbe preso il posto degli investimenti pubblici. Ma questo schema supponeva un organismo profondamente sano e insidiato soltanto da una crisi passeggera, rimosse le ragioni della quale si sarebbero avute tutte le reazioni che prevede la dottrina del liberalismo classico: l'organismo era invece, come s'è visto, profondamente ammalato, l'economia assolutamente pietrificata, incapace ormai di reagire agli stimoli naturali. A meno di un vero e proprio miracolo i risultati non potevano essere molto diversi da quelli che furono in realtà: la politica di deflazione e di blocco dei salari, se valse per un po' di tempo a tenere bassi i prezzi, compresse altresì la domanda; d'altro canto tanto i produttori quanto i commercianti presero la logica e facilmente prevedibile decisione di liquidare gli stocks prima di rilanciare la produzione. La politica cl1e doveva aiutare a superare la crisi la peggiorò, l'economia divenne ancora più stagnante. Di più lo schema classico cui faceva ricorso Pinay era d'una astrattezza stupefacente poichè dimenticava i fattori morali che erano all'origine della crisi economica: la causa principale del male - doveva scrivere qualcl1e tempo dopo un acuto economista francese - è un maltusianesimo profondo, una sconcertante paura del progresso, un singolare attaccamento al passato, tutte co11seguenze di un i11vecchiamento della popolazione che, a poco a poco, ha portato i suoi frutti. Si aggiungano i mutamenti profondi che aveva subìto la mentalità degli uomini innanzi alle esperienze del passato: lo pseudo-liberalismo che aveva tenuto cartello durante l'entre-deux-guerres e che era tornato di moda nel 1951 aveva sempre celato un ostinato rifiuto dell'effettivo liberalismo: la protezione accordata agli interessi particolari aveva non solo disintegrato i meccanismi della concorrenza, spezzato le regole del mercato, impresso una ten1 denza maltusiana all'apparato produttivo, ma aveva anche dato luogo ad una singolare concezione dirigista, il dirigisino degli interessi costituiti. I francesi erano venuti facendo un'esperienza che gli italiani avevano forse iniziata un po' prima: quella dello Stato invc- .stito dagli interessi p~rticolari, trasformato in braccio secolare di certe baronie· econc>miche e insieme in provvidenziale ed inesauribile distributore di impieghi, di pensioni e di sovvenzioni alle industrie pericolanti. Non solo gli industriali tessili o meccanici, i produttori di barbabietole o i distillatori .di alcool avevano perso il gusto della lotta, avevano paura del rischio; ma [97] Bibloteca Gino Bianco

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