Nord e Sud - anno IV - n. 36 - novembre 1957

la terrestre, carnale volgarità di Aurora ( <<bruna, alta, snella, possente », un tipo di donna non nuovo in Soldati) con le sue reazioni morali di donna <<credente solo in se stessa e nel denaro e nella lotta di uomo contro uomo per procuraselo », ha un risalto figurativo soltanto accennato e suggerito, ma tuttavia dominante: assume, alla 1 uce della fede di Peyrani nella memoria dell'amico (della qual fede il lettore finisce per diventare compartecipe), il valore di un sacrilegio vivente, di una caparbia, irriducibile, sorniona forza del male. La resistenza di Peyrani contro la postuma <<denigrazione » del suo amico si realizza in un ritmo narrativo teso, in una stesura uguale e vigile, in cui i particolari, gli elementi di giudizio, i tratti di carattere, le intime, impreviste ragioni degli atti del Silvestri si accavallano l'uno all'altro senza tuttavia scuotere quella fede, che dà l'impressione di restare la sola cosa plausibile sul piano morale, l'unico valore ancora sicuro, intangibile. Appaiono qui, in questo intersecarsi delle due <<tesi >> sul defunto Silvestri - l'accusa e la difesa - certi toni da narrativa esistenzialistica. Si potrebbe pensare persino a qualche brano della Chute di Camus; con in più una ariosità e limpidezza che quel racconto non sempre aveva, e con molto minore oleografia nell'ambientazione, nel paesaggio. Il quale è, qui, una realtà rigorosamente congeniale al tono del racconto: il Piemonte alpino e nevoso, o, piuttosto, la <<nostalgia per il vecchio Piemonte, la campagna, l'Ottocento »: <<valli boscose, limpidi ruscelli, salici che stormivano alle brezze alpine, villaggi e contadini fedeli al loro Re, un'epoca forte e religiosa ... ». Ma dove la nota esistenzialistica di Soldati si fa più esplicita è nella disperata conversione di Peyrani alle tesi di Aurora, È quella fede di Peyrani, affettiva> irrazionale, su cui appariva fondato il racconto, che si dilegua nel finale: alla luce del <<caso Silvestri >>, ogni giudizio, ogni valore umano appare ora qualcosa di contingente, una realtà incomunicabile e, molto spesso, fallace: <<... il viso che ci era più caro, il viso in cui per 1 unga consuetudine credevamo di aver letto così chiaramente il pensiero) ecco che, quando meno ce lo aspettiamo, quel viso ci appare strano, misterioso, angoscioso, simile al viso dell'ignoto che, al volante di una macchina ferma vicino alla nostra, ci fissa in silenzio per tutti i lenti secondi di un semaforo rosso ... Di colpo, ci rendiamo conto dell'inganno in cui eravamo caduti e ne accusiamo, lì per lì, il nostro stesso affetto ... » (p. 187 segg.). E la fisionomia stessa del defunto protagonista di questo racconto appare infine offuscata nel ricordo, sepolta nell'ombra di un dubbio insolubile: <<Una fotografi.a? Non avevo una sua fotografia con me. Ma, nel caso, non so se avrei osato guardarla. Alle fotografie dei poveri morti succede sempre come alle loro figure quando tornano, docili e leggere, nei nostri sogni. Se uno le fissa a lungo, cedono all'impulso della nostra passione. Cedono quasi ondeggiando, n1utano e svaniscono velocemente in simboli anche loro morti » (p. 182 segg.). Così il <<caso Silvestri » appare archiviato più che risolto, anche se Peyrani si sforza a convincere se stesso di essersi del tutto sbagliato nel giudicare il suo vecchio amico, di non averlo mai veramente, pienamente <<conosciuto», e di scoprirlo sol-· tanto ora: <<In realtà, egli era un uomo,. [120] BiblotecaGino Bianco

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