antifascista il primo, e vinto, fascista la seconda, e vincitrice. << In realtà >>, egli osserva ancora, << forze conservatrici eterogenee, plutocratiche e non plutocratiche, al fine della conservazione di valori per nulla coincidenti, hanno sfruttato col fascismo un orientamento spirituale diffuso non solo in quella sfera che si usa chiamare borghesia, ma in tutto il popolo. Orientamento che spiega come anche le masse che si definiscono proletarie, nonostante la proclamata polarizzazione del loro interesse economico in antagonismo a quello borghese e capitalistico, e quindi fascistico nella interpretazione classista, siano state incapaci di resistenza all'avvento del fascismo ». Se il Bauer ha ragione nel negare validità ad un'interpretazione formulata in termini esclusivanìente classistici del fascismo, mi sembra che egli vada tuttavia troppo oltre quando ne trae senz'altro la conseguenza che << ancora una volta si sperimentava che la vita politica è vita di uomini e non di ceti e classi», quando egli viene cioè a negare radicalmente, ed è questo un motivo che ricorre di frequente nei suoi saggi, il concetto stesso di classe o di ceto nella vita storica. È chiaro che il concetto di classe dev'essere inteso al di fuori di ogni rigido schematismo puramente marxista e che sarebbe vano Yoler fare delle classi, in senso economico e sociale, le protagoniste della storia, quasi che fossero entità a sè stanti, fornite di una propria particolare individualità. Ma voler troppo insistere, nel valutare gli elementi che confluiscono nella determinazione di un dato processo storico, sull' empito morale dei singoli individui, tenendo sempre in seconda linea l'influenza esercitata da quegli aggregati umani che trovano in comuni interessi econom1c1 e sociali la ragione intima della loro più o meno salda coesione, può abbastanza facilmente portare ad interpretazioni della realtà storica non meno unilaterali di quelle di marca marxista. La valutazione in termini prenìinentemente, se non anche esclusivamente etici, del fascismo, propria del Bauer, se ha senza dubbio una sua giustificazione profonda, soprattutto se raffrontata al nefasto semplicismo di quanti vogliono vedere nel fascismo semplicemente un sistema di istituzioni pubbliche totalitarie, piuttosto che un costume politico e morale che ramificandosi con incessante vigore finisce con il corrompere nell'intimo una intera società; una tale valutazione, si diceva, rischia tuttavia di far perdere di vista l'individualità storica del fascisnìo stesso, i suoi elementi propr1 e caratteristici, per ridurlo, o meglio per elevarlo a momento eterno dell'antitesi fra autorità e libertà. Un tale rischio è evidente nell'affermazione del Bauer, peraltro incontrovertibile da un certo punto di vista, che << il fascismo non è stato neppure all'inizio un semplice fenomeno italiano, bensì fenomeno generale, manifestazione di una grande crisi di civiltà. Di una crisi per cui l'umanità intera si è divisa in due campi, indipendentemente da ogni distinzione nazionale e di classe: quello della libertà e quello dell'autorità, quello definito da una concezione intimamente critica e progressiva della vita sociale e quello in cui sulla vita sociale si riflette una Weltanschauung dogmatica>>. È chiaro che in questo senso si può parlare di fascismo non solo per individuare un preciso fenomeno storico del nostro [116] BiblotecaGino Bianco
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