Nord e Sud - anno IV - n. 36 - novembre 1957

\ gli stessi sindacati mostravano il medesimo atteggiamento: le reticenze d_elle centrali sindacali innanzi alle trasformazioni e riconversioni che sole avrebbero consenti~o un aumento della produttività non esprimevano soltanto il terrore della disoccupazione, ma anche una crisi di .fidu.cia,una mancanza d'audacia innanzi a quelle imponenti ridislocazioni dell'impiego che le di- · mensioni e i tempi dell'economia moderna rendono necessarie e i11nanzi alle quali la classe operaia a.mericana, per non fare che un esempio, non l1a esitato. Le potenti organizzazioni di interessi premevano dunque su un'economia anchilosata e scavata dall'in~azione, su uno Stato affaticato da un bilancio ordinario deteriorato rispetto agli anni '48-'51 e da un ibilancio straordinario nettamente de.fi-cit~rio,per mantenere salva la loro più importante conquista, quella che avrebbe assicurata la loro vita per sempre, la trasformazione del profitto in rendita. In queste condizioni nep·pure l'ultima delle previsioni di Pinay poteva verificarsi: il risparmio malgrado la restaurata .fidu.ciarestò imboscato, non andò a sostituire gli investimenti comandati e un colpo g~avissimo venne così dato alla ·produttività: la stagnazione, come si è detto, diventava recessione. Il fallimento dell' experience Pinay si cominciò a delineare con l'insuccesso del grande prestito, clamorosamente lanciato: la vecchia Francia conservatrice, la Francia dei bas de laine, non aveva avuto fiducia neppure nell'uomo che poteva considerarsi la sua naturale incarnazione, nel piccolo industriale di provincia portato quasi contro voglia alla_vita politica dalle passioni locali e spinto fino aila direzione della cosa pubblica da una forza che forse egli stesso non aveva compreso, il grande soprassalto conservatore dei <<benpensanti>>. Il governo Laniel negli -ultimissimi mesi del '53 e nei primi del '54 s'era potuto avvantaggiare di una favorevole congiuntura economica internazionale (la famosa crisi americana, che avrebbe dovuto far impallidire, per le sue proporzioni, quella del '29 e che s'annunciava e s'aspettava di settima11a in settimana, non arrivava mai!), ed anche di una, sia pur timida, ripresa interna. Ma da ogni parte esso era attaccato come il governo dell'immobilismo per eccellenza e i risultati che metteva avanti erano accolti con animo dubbioso e da tutti si faceva osservare che un ceto dirigente responsabile non poteva attendere che le cose si sistemassero da sole, tanto più che, date le condizioni del Paese, da sole non si sarebbero mai sistemate. Nè mancava110 quelli, nel Parlamento come nella st~mpa, che facevano riìevare che, ad [98] BiblotecaGino Bianco

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