Nord e Sud - anno IV - n. 35 - ottobre 1957

* * * Chi poteva chiamare banditi, ribelli, latrunculi i Sardi impegnati nella guerriglia contro lo straniero invasore? N aturalmen.te questo stesso, per bocca dei suoi scrittori e avvocati. Il popolo sardo fu assalito in un m·omento critico del suo sviluppo: quando si apprestava a darsi alcune città, essendo diventata ormai anacronistica la struttura dei villaggi nuragici. Fu sopraffatto nella pianura e costretto, se non a servire, ad accettare un ruolo subalterno. Ne risultò quel rancore degli sconfitti contro sos istranzos (termine che ancora conserva il significato tanto di stranieri, quanto di forestieri): rancore di non essere divenuti quello che avevano in animo o speravano di diventare con le proprie libere iniziative. Gli ultimi aneliti di libertà trovarono rifugio sui monti e nei boschi, ai cui piedi e alle cui porte si arrestava l'avanzata dei conquistatori. Nell'isolamento, nelle possibilità ridotte al minimo di carattere economico, si formaro110 quelle bande che, per so·pravvivere, scendevano a razziare al piano i frumenti e il bestiame degli usurpatori, grandi ladri} che li gratificarono così del titolo di latrunculi. La storia dei Sardi è tutta una lezione di violenza e di rapina impartita loro dalle genti d'oltremare. Nessuna meraviglia perciò che al tempo degli "-\ragonesi l'Isola formicolasse cc di bande armate aderenti al Giudice >) (Man-- 110,Storia di Sardegna, pp. 51 e 54 del libro IX); che nel feudalesimo (il quaìe ebbe il su·o maggiore sviluppo in Sardegna quando era già scomparso dalle altre regioni italiane) il banditismo fosse nel suo miglior fiore (LoddoCanepa); che nel I 720, sotto i Piemontesi, le schiere fossero, se p·ossibile, anche più numerose. Nel I 735 il Rivarolo le attacca e ricorre a repressioni feroci. C'erano in mezzo a quei ribelli, esasperati dai s·oprusi, dal fisco e dalla miseria, dei volgari rapinatori? C'erano certamente anche questi pescatori nel torbido. Era però nell'insieme una ribellione popolare al fisco, al male-mangiatore, allo sfruttamento più esoso di tipo coloniale. La Sardegna non ha avuto il tempo di darsi canzoni di gest~, neppure d'imitazione, di tipo carolingio: le conquiste di Carlo Magno non la toccarono. L'Is·ola sofferse il feudalesimo avido e gretto dei Catalani. Nè si può dire che le cose migliorassero troppo in seguito. Nell'aprile 1898, durante la visita dei Reali, l'Isola era ancora convinta nei suoi strati più umili e più dolenti che esistesse nella realtà, nella città di Roma, un m·ostro vampiro, detto Si'trbile} che i meno. incolti chiamava:io Fisco. Nel 1897 ( cc La delinq t1enza in Sardegna », Palermo) il N iceforo proclama che l'anima sarda « è assolutamente priva di quella plasticità che fa mutare ed evolvere la coscienza sociale » (p. 59). [48] Bibloteca Gino Bianco

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