che nei paesi anglosassoni ha lasciato più di una semplice tra-ccia. E infine, se si comincia a delineare un nuovo tipo di intellettuale o di dirigente socialista, vigile contro tutte le suggestioni del riformism·o corporativo e del massimalismo velleitario, questo pure è da considerare uno dei meriti di Salvemini, che, nella sua critica alle « deviazioni oligarchiche » e all'impotenza del socialismo italiano, ebbe a dire quasi cinquanta anni or sono le stesse cose che, dette ora dalla socialdemocrazia tedesca, hanno suscitato tanto vasta eco di commenti. Così come avrebbe torto chi volesse sottovalutare la funzione che Salvemini ha assolto in questi ultimi dieci anni nei confronti del frontismo comunista, da lui fermamente respinto e combattuto. Giova pure ricordare che, negli ultimi anni sorrentini, molti giova11i della nostra città hanno potuto conoscerlo; e si recavano da lui come ci si reca appunto dai grandi « maestri », onde ci sembra lecito formulare la speranza che sia riata a Napoli, da quelle visite così numerose e freque11ti, una potenziale élite di ispirazione sal- • • vem1n1ana. Certo noi siamo assai meno illuministi e volterriani di Salvemini, forse non lo siamo affatto, abbiamo avuto altri maestri che sui nostri orientamenti hanno agito come e più di Salvemini. Ma, a chi scrive che dopotutto Salvemini fu un solitario eretico, e magari un « acre moralista », comunque incline alla « esagerazione faziosa», v·orremmo ricordare che c'è uno scritto di Salvemini, tra gli ultimi suoi, sulla Molfetta degli anni cinquanta: noi ameremmo che questo testo venisse letto da tutti i moralisti nostrani, di destra e di sinistra, ·perché da esso si può imparare come si devono vedere le cose senza inforcare mai le lenti deformanti del moralismo. C'è forse un Salvemini min·ore, indulgente al gusto dell'eresia e alle suggestioni del moralismo, un Salvemini che forse è più fiorentino che meridionale. Ma c'è un Salvemini, il maggior Salvemini, che molto abbiamo amato e dal quale molto abbiamo appres·o. Rispetto a questo Salvemini abbiamo tutti un grosso debito. E., piaccia o non piaccia, il grosso debito lo abbiamo soprattutto con il Salvemir1i dell'antifascism·o implacabile. Qui non è assolutamente lecito di parlare di moralismo, di eresia, di esagerazione. Perchè quell'antifascismo, proprio in quanto è stato spinto fino alle estreme conseguenze, ha voluto e ha potuto contribuire ad accreditare la distinzione fra Italia e fascismo. Fu il Salvemini « rinur1ciatario » e « cittadino americano » a rendere i servizi più preziosi al nostro Paese, a salvare qualcosa del suo decoro, ad attingere le vette più alte di un patriottismo dì tradizione risorgimentale. E questo pure doveva essere detto e non è stato detto dai giornali dell'Italia ufficiale che hanno parlato della vita e delle opere di Gaetano Salvemini nel giorno successivo alla sua m·orte. n. d. r. [42] Bibloteca Gino Bianco
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