oggetto della propria ammirazione al tipo che, incarnato da Ojetti, rappresentava - e magari, malgrado tutto, ancora rappresenta - l'oggetto del suo disprezzo, Ansaldo, dicevamo, scrivendo ora della vita e delle opere di Gaetano Salvemini, sembra convinto che assai limitata fu e sarà l'influenza p·olitica e culturale dell'insegnamento salveminiano: perché questo insegnamento sarebbe rimasto sempre alterato dalla cc esagerazione faziosa », dal « moralismo un po' acre, e quasi aggressivo, più atto ad allontanare da sè i consensi che ad attirarli ». Troppo facile saldare i nostri conti con Salvemini mediante questa· sbrigativa considerazione, cl1e, in quanto più o meno psicologistica, può ancl1e sembrare vera, ma in realtà 110n tiene conto di alcuni dati fondamentali della polemica politica italiana (socialismo, nazionalismo, meridionalismo, ecc.): può darsi che Salvemini abbia « esagerato » nei confronti di Giolitti, il quale comunque non fu ministro della « malavita » nè della « buona vita », ma fu quell'u·omo politico italiano a proposito del quale il più equilibrato giudizio lo abbiamo letto nello studio del Salomone, allievo italo-americano del Salvemini; ma ha forse esagerato Salvemin~ nei confronti del •protezionismo, del nazionalismo, del massimalismo, del riformismo corporativo? È vero o non è vero che l'Italia deve a Salvemini, come scrive Garosci su Corrispondenza Socialista~ cc una impostazione dei problemi della sua unità quale, sullo scorcio del secolo, pochi avevano conseguito e che ricongiungeva, nella lotta contro l'ignoranza, il malcostume politico, il clientelismo, i bisogni degli intellettuali moderni e quelli dei contadini »? È vero o non è vero che l'Italia deve a Saivernini anche « una delle prime e più vive problematiche del partito socialista», oggi attuale in tutta l'Europa e che costituisce una via d'uscita dalla stagnazione riformistico-massimalistica »? Evidentemente Ansaldo non ha tenuto presenti questi interrogativi, e le risposte positive che ad essi si devono dare. Così come egli non si è res·o conto del fatto che l'insegnamento salveminiano ha già permeato di sè ambienti numerosi e qualificati; che un certo modo di atteggiarsi di fronte ai « problemi» oggi deriva proprio da quell'insegnamento; che una certa passione civile, un certo disprezzo del conformismo, un rifuggire dalle retoriche tradizionali, una diffusa allergia per le grandi questioni dottrinarie che fino a ieri hanno rappresentato le grandi cortine fumogene che avvolgevano e paralizzavano i dibattiti p·olitici, un nuovo gusto per le verità senza veli e una radicata noia per le platitudes più o meno letterarie, un ritorno a Cattaneo insomma e una fuga da tutti i massimalismi astratti dei predicatori nostrani rappresentano i frutti che molti di noi hanno potuto agevolmente raccogliere dalla lunga semina salveminiana. E se oggi si può dire che in America si sono fatti più numerosi e attenti gli studiosi di cose italiane (basti citare come esempio due nomi: Hughes e S~lomon) questo pure lo si deve a un insegnamento [41] Bibloteca Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==