Vercellese e del Novarese. Il progresso tecnico e produttivo tende, come si è detto, ad eliminare un po' alla volta i piccoli coltivatori diretti, e di questo sono ben consapevoli i giovani, che formano il grosso dell'attuale emigrazione rurale. In particolare la· meccanizzazione che in queste zone avanza massicciamente, fa a poco a poco diminuire d'importanza la figura del bracciante tradizionale, di fronte al nuovo tipo di' lavoratore agricolo, al mecéanico, al motorista, aì trattorista (o a quel nuovissimo personaggio, ora del tutto eccezionale, ma anch'esso destinato, a detta dei tecnici, ad una larga affermazione, che è il pilota dell'elicottero aziendale). Il trasferimento ad altre attività, l'inurbamento di migliaia di contadini di queste pianure è un fatto scontato sin d'ora. La stessa prospettiva sta dinnanzi la decine di migliaia di contadini del Monferrato, delle Langhe, e delle altre numerose plaghe collinari della regione. Qui la meccanizzazione, la razionalizzazione produttiva sono agli inizi, il tipo d'azienda oggi predominante ha dimensioni inadeguate alle esigenze di una moderna agricoltura, ma, sia che prendla piede anche qui l'azienda capitalistica, sia che ci si orienti invece su larga scala verso la cooperazione, le previsioni sono invariabilmente nel senso di un ulteriore, sensibile sfollamento della popolazione rurale. Ma, appunto, è tempo di dare al fenomeno l'attenzione che gli è dovuta, e di affrontare tempestivamente i problemi sociali ed economici che esso comporta. La certezza che il progresso avanzi in questa direzione (e qui diamo senz'altro per acquisite, anche perchè questa rivista ha avuto pìù volte occasione di richiamarle, le enun•ciazioni del pensiero economico contemporaneo intorno ai rapporti tra popolazione agricola e progr~sso economico generale) non autorizza a fare affidamento sul caso e la fortuna. L'esodo rurale, che si è svolto finora a dispetto degli odiosi divieti delle leggi fasciste, non deve esser frenato nè forzato. Ma vi sono ormai troppe prospettive di profonda trasformazione economica della società - dalla cosiddetta seconda rivoluzione industriale al Mercato Comune europeo, all'Euratom, ecc. - perchè si possa continuare a riguardare l'esodo rurale come una spiacevole conseguenza di questa o quell'altra crisi dell'agricoltura, invece che come un aspetto fondamentale di un grande processo di aggiornamento economico e sociale della collettività italiana, di un grande moto volto al raggiungimento di un nuovo equilibrio. Troppa gente, ripetiamo, di esso non vuole scorgere che gli aspetti [92] Bibloteca Gino Bianco
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