simi a lunga scadenza, che sono assolutamente fuori dalle possibilità della gente di montagna. Se questo è il modo corretto di porre la questione, come a noi appunto sembra, ne deriva che il discorso deve essere spostato, dal piano delle descrizioni patetiche e delle requisitorie infiammate sul declino della montagna, a quello di un esame serio e responsabile del se e del come questo declino, e lo spopolamento che ne è conseguenza, possano essere fermati dall'intervento della collettività. Per noi è fuori di dubbio che provvedimenti come la legge del 1952 a favore della montagna, per bene intenzionati che si voglia considerarli, non sono altro che palliativi, data l'assoluta inadeguatezza degli stanziamenti (12 miliardi e mezzo di lire annui per tutta la montagna italiana). Tenuto conto delle ragioni di carattere generale che rendono neces-- sario lo spostamento di ulteriori, cospicue aliquote della popolazione rurale italiana verso attività non agricole (ed è logico cominciare dai gruppi che stanno peggio) e verso l'estero, e constatata la manifesta impossibilità del Paese di indirizzare tempestivamente centinaia o migliaia di miliardi di lire alla montagna, non pare allora azzardato prevedere che il destino di una buona parte di questa (e in particolare dei territori alpini d~l Piemonte, eccettuate quelle zone che, per qualche condizione privilegiata, sono in via di sviluppo, o turistico o industriale) sia di avviarsi verso un tipo di economia che, fondandosi sullo sfruttamento di foreste, miniere, ecc., richiederà una popolazione molto inferiore a quella odierna. Lo spopolamento della montagna, in sostanza, va aiutato, affinchè possa svolgersi coi minori sacrifici possibili per le popolazioni interessate, e con i maggiori vantaggi per il Paese nel suo complesso. Diversa in parte è la situazione dell'agricoltura di collina e di pianura. Qui l'emigrante non si lascia alle spalle un processo di fatale decadenza della produzione agricola e degli insedimenti umani, ma lascia, al contrario, un sostanziale aumento dei redditi, e un graduale miglioramento delle con- . dizioni per un più razionale sviluppo, dell'economia dei campi. È però evidente che occorre seguire con molta maggiore attenzione che in passato lo svolgimento di questo processo, il cui ritmo, in Piemonte, non se~bra affatto destinato ad un rallentamento nel prossimo futuro. Cresce, ad esempio, il disagio dei contadini di pianura, come quelli del [91] Bibloteca Gtno Bianco
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