significativa ammissione si trova in uno di questi articoli (nel numero del 16 gennaio), là dove si legge che per certe zone improduttive, o sca rsamente produttive, << non è possibile, nè economico un impegno di trasformazione agricola e l'estensione di opere pubbliche oltremodo costos e. In simili casi l'esodo è il minore dei mali>>. Il problema, al solito, è l'inettitudine, o la riluttanza, a portare alle loro logiche conseguenze certe v erità. * * * A chi abbia in mente la diaspora di milioni di contadini meridion ali agli inizi del secolo, confortata soltanto dalla chimerica speranza de ll'Eldorado, o l'odierna fuga dalla miseria, meno epica e forse più angosc iosa, di migliaia di famiglie di braccianti veneti, emiliani, pugliesi, calabre si, l'esodo rurale piemontese può dar l'impressione di un processo ordinat o e razionale. Certamente il fatto d'esser stato in grado, per il concorso di fortun ate circostanze - tra le principali la posizione geografica - di tener e negli ultimi ottant'anni un ritmo di sviluppo economico non troppo lontano e diverso da quello dei maggiori Paesi dell'occidente europeo, ha consentito al Piemonte di compiere senza gravi scosse il trasferimento di successive aliquote di popolazione dall'agricoltura alle altre attività prod uttive, dalle campagne alle città. Entro questo quadro - che, nonostante l e inevitabili ombre delle sofferenze e dei sacrifici individuali che accomp agnano ogni sradicamento, risalta, al confronto con quello che il medesimo fenOmeno è stato ed è in quasi tutto il resto del Paese, come singolarmente positivo - appare ulteriore elemento di equilibrio il fatto che l'inurba mento non abbia provocato qui la crescita di sproporzionate città (nemme no Torino, quantunque mèta di una parte cospicua dell'emigrazione rur ale, ha veramente assunto, fino ad oggi, la .fisionomia di una metropoli), ma abbia invece stimolato il contemporaneo svilu-ppo di vari medi e piccoli centri, felicemente integrati nella campagna circostante. E tuttavia i mut amenti incalzano, e con essi nuovi problemi, ai quali il Piemonte - non solo, ma certamente con responsabilità primarie - è chiamato a dare una risposta. Molte cose sono cambiate, soprattutto da quarant'anni, a questa par te, nelle montagne piemontesi: alcune plaghe hanno conosciuto un pr ospero sviluppo turistico, in altre lo sfruttamento delle energie idriche h a fatto [89] Bibloteca Gino Bianco
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