Con ciò non si vuol dire che il trasferimento dall'agricoltura ad altri settori produttivi di nuove aliquote di ,contadini sia già in qualche modo assicurato. AI contrario, non mancano segni di pesantezza nel mercato del lavoro industriale, e d'altra parte le nuove occasioni d'impiego richiedono una ,preparazione sempre più specifica, qui come in tutto il resto d'Italia. Per molti che abbandoneranno di qui in ava11til'agricoltura si tratterà di cercare fuori della propria zona, nel Novarese, nel Milanese, o addirittura all'estero, una nuova, più soddisfacente sistemazione. Il Biellese, composto da un gruppo di vallate prealpine, è notoriamente una delle zone più intensamente industrializz,ate del Piemonte, e di tutta Italia. Il caso di emigrazione rurale che qui ci interessa riguarda una delle sue valli più importanti, la valle del Cervo, e precisamente la parte alta di essa (la parte inferiore è conosciuta anche come valle d' Andorno, dal nome del centro più importante, ed è fitta di stabilimenti industriali, grossi e piccoli, in prevlalenza tessili). Gli abitanti dei suoi cinque paesi - Campiglia, Rosazza, Piedicavallo, Quittengo, San Paolo - passano per una delle popolazioni più intraprendenti di tutta questa p,arte dell'arco alpino. Da qui ha preso le mosse, fin dalla metà del secolo scorso, u11'emigrazione a vasto respiro, orientata in larga misura verso Paesi lo-ntani, e con un flusso particolarmente sostent1to verso l'Africa. Questa emigrazione ha espresso, tra l'altro, un certo numero di abili e fortunati imprenditori edili, in parte trasferitisi definitiv,amente all'estero con le loro famiglie - parecchi nell'America del Nord e in Francia - e in parte ritornati, dopo aver fatto <<fortuna», al luogo d'origine; dove molti di essi si sono costruiti case singolarmente ~mpie e rifinite, come può notare non senza sorpresa l'occasionale visitatore della zona. Ma anche le famiglie di coloro che sono tornati seguono, di solito, l' esempio dei primi, di quelli emigrati per sempre: i figli e i nipoti, messi sovente in grado di compiere snidi che gli ascendenti no11osav,ano neppure sognare, o quanto meno di procurarsi una seria preparazione professionale, spesso finiscono per abbandonare la valle, e trasferirsi in città, o mag,ari in uno .dei Paesi in cui i vecchi ebbero la ventura di lavorare. L'ampiezza del movimento emigratorio è documentata da queste cifre: da 6.512 unità che si contavano nel 1881, la popolazione è scesa, nel 1951, a 2.526 unità. Lento nel ventennio tra il 1911 e il 1931, l'esodo ha [74] Bibloteca Gino Bianco ..
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