pre su di un piano di gran lunga inferiore alle speranze che tuttora si nu◄ trono da molte parti in Italia. Gli investimenti tedeschi all'estero raggìun. sero, dal febbraio 1952 a tutto marzo 1957, la cifra globale di 1.438 milio11i di marchi (circa 215 miliardi di lire). Gli investimenti in Italia per un periodo presso a poco eguale (fino al 31-12-1956) non superavano la cifra di 24.277 .000 marchi, pari a 3.640 milioni di ìire, (di cui 6.200.000 mai-chi negli ultimi nove mesi del 1956). La cifra degli investimenti in Italia non rappresenta dunque che un sessantesimo della somma totale, di fronte a cifre rappresentative d'investimenti più cospicui, come nel Brasile (22%), negli Stati Uniti (12%), e, nell'ambito dei paesi della Unione Europa dei Paga1nenti, l'Olanda. È tuttavia da notare cl1e questi dati ufficiali non tengono conto attualmente dei trasferimenti all'estero di somme inferiori ai tre milioni di marchi. Cosi gli investimenti da noi continuano, ma sempre su scala ridotta: tra le azioni di maggiore importanza sono da registrare acquisti di albergl1i a Merano, e un investimento per otto milioni di marchi da parte della ditta Winterhall in Sardegna. Ad un anno di distanza dalle nostre precedenti considerazioni non resta che ripetere: il mercato italiano non è abbastanza attraente, l'ir1iziativa italiana per attrarre capitali e collaborazione tecnica (la seconda è spesso meno ben vista dei primi) dalla Ger1nania non è abbastanza energica, la protezione degli interessi stranieri non abbastanza rassicurante. Il comitato di collabo- . razione economica è, detto francamente, un gesto di buona volontà e di cooperazione europea di cui dobbiamo esser grati al governo tedesco e a quegli ambienti dell'economia tedesca che cooperano con lui; ma una vera, vasta e profonda attivazione dei rapporti tecnici, industriali e finanziari fra i due paesi non ha ancora avuto luogo. ALOISIO RENDI Servizi ispettivi L'on. Colitto aveva chiesto al Mi11istro del Lavoro se non ritenesse op-· portuno, per il rispetto delle leggi sul lavoro da parte delle imprese commerciali, u11ificare i servizi ispettivi accentrandoli presso l'Ispettorat·o del lavoro, che avrebbe avuto il controllo anche del personale che presso l'Ispettorato stesso avrebbero dovuto distaccare gli Istituti previdenziali e assicurativi. A tale interrogazione veniva risposto, da parte del Ministro, nell'ormai lontano gennaio 1955, che l'unificazione del servizio di vigilanza sulla applicazione delle leggi concernenti materia assicurativa e previdenziale presso gli Ispettorati del lavoro trova in primo luogo ostacolo in talune norme di [59] Bibloteca Gino Bianco
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