Nord e Sud - anno IV - n. 34 - settembre 1957

agricola più moderna. È un fatto che oggi la domanda di lavoro nei paesi industrializzati favorisce l'emigrazione delle forze di lavoro dalle regioni sottosviluppate e sovraffollate; e al tempo stessO potrebbe favorire l'emigrazione di capitali per investimenti da quei paesi verso queste regioni (si vedano i rapporti <lell'ECE sull'Europa meridionale, pubblicati in volume dalla SVIMEZ). Ma, si dirà, se le circostanze sono tanto favorevoli, se i « sani princìpi > possono perfino favorire l'industrializzazione del Sud, perchè l'emendamento Cortese, perchè fissare drasticamente, e « arbitrariamente », una percentuale per le industrie di Stato, perchè tanta diffidenza nei confronti della buona volontà di queste a localizzare nuovi investimenti nelle regioni meridionali? È presto detto: perchè gli ambienti responsabili italiani, quelli che potremmo chiamare, con un brutto, ma eloquente termine, manageriali, sembrano tutt'altro clie convinti delle esigenze e della convenienza di una effettiva industrializzazione del Sud (salvo beninteso talune lodevoli eccezioni). Prove ne abbiamo avute anche troppe: l'atteggiamento della Confindustria a Sorrento e alla sua assemblea generale, ostile a un intervento diretto delle aziende pubbliche nell'industrializzazione; il tentativo del dirottamento dalla localizzazione meridionale dei nuovi impianti siderurgici, di cui parlammo in una allarmata nota del marzo scorso; il piano quadriennale dell'IRI, veramente deludente dal punto di vista di chi si attendeva un decisivo contributo dell'istituto al piano Vanoni e all'industrializzazione (non si dimentichi che il piano Vanoni fissa la ripartizione territoriale degli investimenti industriali nella misura del 49% nel Sud e del 51% nel Nord); gli investimenti persiani dell'ENI, rispetto ai quali condividiamo le speranze formulate dall'Espresso (18 agosto, n. 33), ma anche le preoccupazioni che lo stesso Espresso riassume nel « rischio che l'onere finanziario assunto dall'ENI per le sue iniziative alrestero si dimostri superiore alle possibilità dell'azienda di Stato italiana, ed abbia come conseguenza quella di rallentare il ritmo delle ricerche sul terri-- torio italiano », e cioè in quel Mezzogiorno cui è stato negato il metanodotto con la promessa delle ricerche. In presenza di tutte queste prove della scarsa. sensibilità manifestata dagli ambienti che abbiamo definito manageriali nei confronti dell'impegno alla industrializzazione delle regioni meridionali; con-- sapevoli con l'Espresso della necessità che l'impegno dello Stato nel Sud « non. si limiti al provvisorio e facile espediente di una politica dei lavori pubblici » come vorrebbe la Confindustria; convinti dell'opportunità che al fiorire delle· iniziative private verrebbe dalla realizzazione di alcune iniziative pubbliche di base, come non approvare l'emendamento Cortese che fissa un precis? punto di riferimento; tale, se non altro, da costringere l'IRI a rivedere il suo piano 1 . quadriennale, e a coordinarlo con il piano Vanoni, e da costringere l'ENI a subordinare i suoi impegni persiani a quelli, più istituzionali, che concernono il Mezzogiorno d'Italia? Quanto poi alla « arbitrarietà » delle percentuali che denuncerebbe il [53] Bibloteca Gino Bianco

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