Nord e Sud - anno IV - n. 34 - settembre 1957

importante, poichè viene a neg,are non solo la possibilità, ma anche l'utilità di una opposizione condotta all'interno del partito (Città aperta insegni). D'altro canto, lo stesso fatto che molti dei dimissionari dal P.C.I., pur proclamandosi socialisti, rifiutino o esitino a riconoscersi in uno dei partiti socialisti, si spiega proprio con il senso che essi finiscono con l'attribuire al socialismo; di un paradiso perduto o ancora da ritrovare, comunque ~on raggiungibile con alcuno degli strumenti attuali; da ciò la necessità di dar vita a strumenti nuovi, col vivo pericolo di nuove confusioni, dal momento che si definiscono socialiste posizioni che non hanno più nulla di comune, abbracciando tutti e non comprendendo nessuno. Se, dunque, ci si trova di fronte ad una crisi di posizioni ideologiche, alla quale solo indirettamente è possibile riferire il problema di un nuovo ~ssetto delle forze, le compiacenze tattiche non trovano valide ragioni: rischiano, anzi, di contribuire alla cristallizzazione di 2lcuni atteggiamenti di protesta, di cui si perderà l'interesse con l'affievolirsi degli echi polemici. Se non sarà confortata da una critica penetrante e continua (è ques~a la vera responsabilità dei democratici), l'ansia di riscatto si esaurirà nelle . formule di cui già qualcuno si diletta, sostituendole con sforzo relativo agli schemi del plassato: neogramsciani, esperienza jugoslava dei consigli di fabbrica, Gomulka, via cinese al socialismo. Per chiarire: non è possibile continuare a servirsi di Gramsci come costante pietra di paragone e canone interpretativo dell'intera realtà italiana, se non si tien conto, ad esempio, della critica di Garosci e di Romeo. Altrimenti il discorso dei neogramsciani finisce con l'oscillare tra l'anelito ad una purezza evangelica - contro i travisamenti e le mistific,azioni del partito - ed un tentativo di annessione dell'opera di Gramsci, di stile prettamente comunista, che ha motivi meno legittimi dell'analogo tentativo del P.C.I. ed individua. il limite ereticale degli oppositori; senz·a che sul piano critico, e quindi costruttivo, l'apporto acquisti qualche possibilità si sviluppo. * * * Nessuno, ,come Antonio Giolitti, ha così vivamente sentito l'esigenza di una protesta dettata dalla coscienza morale; nessuno ha cercato di dare alle proprie tesi polemiche maggiore dignità; nessuno-, allo stesso tempo, ha insistito con tanta ostinazione nel tentativo di dimostrarne l'ortodossia comunista. Così che il suo saggio su Riforme e rivoluzione (Torino, E.i- [43] Bibloteca Gino Bianco

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