si nota bislacca o ridanciana che potrebbe attrarre il lettore a prima vista. In lui l' estro sembra costantemente e volontariamente ridotto al minimo; i fatti eh' egli narra, le persone che descrive, hanno quasi bisogno di essere indovinati tra le pieghe di una prosa esile e guardinga, senza concessioni, in cui qualche parola più colorita o ricercata sembra essere stata inserita con una punta di autoironia. A Laurenzi fa difetto l'immaginazione surreale (a volte quasi barocca) di un Flaiano; sono molto lontani da lui - e, il più delle volte, molto al di sotto di lui - il virtÙosismo parodistico di un Longanesi, la chiacchiera brillante di un Montanelli. A Renard egli deve certamente qualcosa, n1!l non più di tanti altri moderni << moralisti ». Se si pensa alla straordinaria parsimonia dei mezzi eh' egli impiega, l' originalità e l'incisività di certi fogli del diario di Laurenzi possono sembrare addirittura inesplicabili. Ma chi guarda più addentro nella sua pagina, si trova di fronte ad un congegno perfetto nel suo genere, azionato con sobri movimenti, ma sorretto da un:l effettiva e costante maestria dello stile. Il buongusto di Laurenzi è una forza eccitata ed esigente .fino alla sofisticheria; ed ha un riflesso esatto e continuo nella prosa, dove tutto è predisposto, costruito, calibrato. Ogni << colonnina » è una sorta di microcosmo, compatto e autosuffiiciente; il giudizio morale è anch'esso un fatto risolto nello stile, è sempre implicito, mai << predicato ». Nella fatica che impiega talvolta il lettore ad arrivare in cima ad una pagina di Laurenzi c'è qualcosa della cura. oculata con cui egli deve averla scritta. Un gioco minuto di parentesi, di pause, di stacchi (quasi continui pentimenti o aggiunte) può mostrare a nudo in qualche momento meno felice, l'impalcatura cl1e sorregge questa prosa, il suo meccanismo abituale. Ci sono certi incisi tipici di Laurenzi, che lo rendono riconoscibile a prima vista (<< Dorothy era nata a New York e della sua giovinezza è solo possibile immaginare che si sia bruciata, com'è giusto, in modo frivolo e sereno ... »; << Al cinema Gambrinus, " prima " forse mondiale, del film Spartaco ... »; << I critici teatrali so:io uomini, giustamente, rispettati e paffuti >'>; << E' doveroso, persino, che spezzi la lancia a favore di un frate ... »; « I riti del mese mariano, in quegli anni, esercitavano su di noi, com'è gz·usto, un fascino sonnolento e floreale ... »; << L'altra sera dove1nmo far la .fila per trovar posto in un locale aJsolutamente alla moda ... »); la punteggiatura contribuisce a rilevare, a correggere, a chiarire, a vivisezionare un pensiero o un ricordo. Spesso la pagina ne ricava un sapore inimitabilez « Io vidi, una volta, una vignetta di Rubino [un disegnatore del Corriere dei Pz·ccoli] con un leone, una palma, uno sfondo di cin1e aguzze, un esploratore vestito di bianco. La didascalia diceva: ' Va cacciando zio Nicola / nei deserti dell' Angòla '. Potevo avere sette anni. Sorseso nel mio cuore, come dall'arido uno zampillo d'acqua, la nostalgia, la felicità, le belve, l'ansia, e l'Angòla: il Verbo. A sette anni, com'era giusto, l'angelo mi teneva per mano ... » (p, 122). Il primo, e anche il più ovyio, interrogativo che sorge in chi prende in mano questo volume di Laurenzi è se i suoi pezzetti di costume abbia_no « resistito al libro », se cioè essi conservino, a leggerli in continuazione, la suggestione che ave- [120] Bibloteca Gino Bianco ...
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