il senso ed i limiti della giovanile adesione del Donati al nazionalismo; ma certamente" assai più potè sulla sua anima il richiamo della civiltà democratica e liberale che con il nazionalismo si dimostrò presto incom1 patibile: e così autentica era appunto la sua vocazione liberale e democratica, da non fargli subire fino in fondo quelle stesse ambigue suggestioni murriane che restano un dato storico effettivo, malgrado le acute pagine in contrario dello Scoppola. Certo più frequenti, tenaci e scoperti furono in Donati, che non in Sturzo i legami con Murri; ma quando Donati, ritornato dal fronte, si trovò innanzi all'esplodere incontrollato di quella tragedia del paese i cui presupposti da tempo aveva saputo intuire, non esitò a riconoscere nella intransigente difesa della democrazia la preci,pua funzione del cattolicesimo militante. A tale scopo collaborò con Sturzo ad ancorare il partito popolare su una linea politica autonoma, lontana dalle suggestioni salandrine e vaticane. E quanto aìla collaborazione coi socialisti che così spesso gli parve politicamente necessaria egli non si nascondeva la realtà effettiva su cui si fondavano i timori del sacerdote di Caltagirone: era possibile, si chiedeva, collaborazione fra un partito come il popolare, giovane e tutt'altro che granitico, con un altro partito ormai vecchissimo nel linguaggio e negli strumenti di lotta, come il socialista? Era possibile che in quelle condizioni un'alleanza simile giovasse all'unità dei cattolici, al paese ed agli stessi socialisti democratici? E molto valse ad accrescere questa preoccupazione l'osservazione quotidiana delle incongruenze e dell'infantilità ed anche delle complicità del massimalismo. S'anda-- va poi rafforzando in Donati quella fiducia nella democrazia e negli istituti liberali in cui Sturzo aveva già misurato tutta la maturità politica del suo cattolicesimo moderno, e cosciente delle sue cruciali responsabilità. Vennero poi gli anni dell'antifascismo a dare alla sua opera ed al suo pensiero un respiro più ampio: c'era in quegli avvenimenti molto che gli richiamava alla mente i prin1i impegni di polemista; da ciò il ., . ., . ., tono p1u aggressivo, p1u sicuro, p1u mordace delle sue pagine. I motivi della sua legittimazione dell'intransigenza aventiniana sono esattamente gli stessi che muovevano l'azione dai gruppi democratici laici e che vennero poi esaminati con logica stringente nel congresso dell'Unione nazionale; sono gli stessi di chi vide nel fascismo non tanto o non solamente l'esasperazione del giacobinismo laico e borghese, come a molti cattolici piaceva ripetere, ma anche e soprattutto il Risorgimento tradito. Nel delitto Matteotti - Donati vede di colpo convalidate le ragioni religiose della sua politica, mentre tornano evidenti aHa superficie i lega1ni nella sua coscienza indissolubili fra politica, cultura e religione. E così, in esilio, le esperienze del << Pungolo » e del << Corriere degli Italiani » ci ridanno tutto il Donati delle prime polerniche, della prima intransigenza. La prova della sua maturazione delle esperienze risorgimentali e borghesi la possiamo ritrovare nel suo quasi elogio del Giolitti a prop·osito del discorso di Dronero e nel riconoscimento della funzione coerentemente antifascista della cultura crociana; di quel discorso dirà: « Parole chia- [126] Bibloteca Gino Bianco
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