Nord e Sud - anno IV - n. 33 - agosto 1957

plificazio.o.i concrete che l'Autore, storico insigne di Agostino e uomo di larghi interessi spirituali, forpisce in molti punti) a due altre singolari aporie che esso ci propone. Anzitutto - ed è ormai data la posizione genericamente kantiana (per la meditazione del Diltey rivissuto attraverso l'Aron) assunta dal Marrou - la sua curiosa concezione del passato come di un noumeno, che esiste per una specie di atto di fede, giacché senza di esso la nozione stessa di una conoscenza storica sarebbe assurda, ma che noi non possiamo descrivere. E in secondo luogo, una riserva, non priva di suggestione, avanzata a proposito della dottrina crociana della contemporaneità della storia; dottrina, a giudizio del Marrou, accettabile per un verso in quanto sottolinea vigorosamente che l:i rievocazione del passato è un dramma della coscienza dello storico, un suo impegno vitale; ma pericolosa in quanto suscettibile di slittare verso il p,resenzialismo, di distruggere la storia per quanto essa è << la réalité humaine en tant qu' ayant été, dagewesenes Dasein » (p. 205-6). Non pretendiamo di spacciarci con disinvoltura delle due aporie solo perchè in Croce esse non si presentano. Diremo solo che, a nostro parere, la noumenicità del passato, proprio a parlare kantianamente, è un fatto del tutto estraneo ai nostri poteri conoscitivi e come tale, in una concezione della storia co1ne conoscenza del passato, due volte indifferente: non p·erchè sogniamo talvolta gli spettri ci salta in mente di sostenere che esistono. E per di più, il nostro Autore abbozza una rudimentale dialettica della storia come conoscenza del .. l'Altro (Altrui) che, attraverso la ricerca documentaria, lo storico raggiunge solo a patto di spogliarsi del suo io, ~-della sua soggettività empirica: vien fatto dunque di domandargli se l'angoscia noumenicoontologica del misterioso passato non sia in fondo una piccola tragedia a lieto fine, quella, appunto, che si conclude nella risposta a un problema concreto, nel libro di storia. Quanto alla seconda aporia, noi pensiamo che essa sia sostanzialmente accettabile. Che il punto di partenza della conoscenza del passato sia una passione, una simpatia, un interesse incoercibile del presente, non significa affatto che il passato debba venir deformato secondo le esigenze pratiche del momento. Certo, la storia, per sua natura, chiede di essere continuamente riscritta e muta volto secondo i tempi e i luoghi ideali di tale operazione mentale, che riceve poi la sua consacrazione e il suo ordinamento nella storia della storiografia (una dimensione della ricerca che sfugge, non a caso, al nostro Autore): ma ciò non significa che la valutazione di questo mutamento, e il mutamento medesimo non vada fatto in termini teoretici. La soggettività della storia come pensiero è insieme la sua sola e vera oggettività, in quanto il pensiero, che è sempre e soltanto storico, sollecitato dalla praxis la supera come forma ulteriore, cioè mira, come attività teoretica, unicamente a conoscere come le cose si sono effettivamente svolte (e qui ritornano in nuovi rapporti i vecchi precetti di Luciano e del Ranke). Il presente non è stato, non è per lo storico che una freccia indicativa di una direzione: in sé nulla . ' ' come il legno o il metallo di un'indicazione stradale. Il difficile, com'è ovvio, sta nel collocare il segnale al punto giusto. R. F. [124] BiblotecaGino Bianco

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