Nord e Sud - anno IV - n. 32 - luglio 1957

aree depresse alla pianificazione dell'emigrazione, dalla rottura del_la spirale monopolistica alla realizzazione del mercato comune europeo, si è precisata ulteriormente. Del pari non è mutata la necessità della politica estera dj solidarietà occidentale e di costruzione europeistica: se un alleggerimento della tensione tra i due bloccl1i si è verificata, se nuovi problemi (come quelli del Medio Oriente) si sono bruscamente e clamorosamente imposti all'attenzione mondiale, questo non altera la scelta della politica estera italiana e le ragioni di essa scelta. Il nostro paese non può e non deve tentare mediazioni tra Oriente ed Occidente come 110n può e non deve abba11donarsi alla velleitaria tentazione di avventure e di concorrenze, nel Mediterraneo orientale o dove che sia. L'interesse primario dell'Italia resta quello dell'integrazione in una comunità europea, così come il campo pro1Jrio e dell'Italia e di questa comunità europea resta la famiglia delle democrazje occidentali. Se l'orrenda repressione della rivoluzione in Ungheria e la impotenza dell'Europa divisa innanzi al. mediocre dittatore del Cairo non sono valse ancora a dissuggellare gli occhi degli attardati neutralisti che ancora agiscono nelle file della sinistra democratica, bisognerà rassegnarsi ad attendere che siano folgorati sulla loro via di Damasco. Nè è mutata l'e igenza di una difesa delle istituzioni democratiche e dei valori dello Stato liberale e 1noderno. I comunisti non sono mutati: la loro ideologia, la loro pratica politica resta quella di sempre. Giustamente l'amico La Malfa ebbe ad osservare qualche tempo fa all'on. Togliatti che le garanzie di democraticità che i democratici italiani chiedevano al PCI si sarebbero dovute incassare oltre cortina. Chi sappia come è termi11ata la rivolta a Budapest, con quali sforzi eroici, tra quante diffìcolta e quali agguati il comunista polacco Gomulka difende quel po' di indipendenza nazionale che è riuscito a strappare durante la cc primavera in ottobre », non può aver dubbi in proposito. Abbiamo detto più volte in questa rivista che dalla servitù alla libertà non si trascorre per gradi e secondo un progresso invisibile e lento: occorre un salto qualitativo e que to in Russia non è avvenuto, ad onta dei desideri di tutti e delle speranze di molti. Certo più pungente cl1e non alcuni anni fa è oggi il problema della rivendicazione dello Stato laico come stato di diritto e di libertà, poichè più massiccia si è rivelata negli ultimi tempi l'invadenza clericale e più rise11tita è l'offesa coscienza dei laici. Questi 110n rivendicano già il culto pubblico della Dea Ragione negli anticl1i templi sconsacrati, ma rivendicano i valori della civilta moderna, i valori della più grande rivoluzione dei tempi n1oderni, la rivoluzione che l1a consacrato la parità degli uomini nella libertà, l'abbattimento di ogni privilegio, fosse esso castello, monopolio o chiesa. Il problema che essi pongono non è quello dei rapporti dei cattolici, dei calvinisti, o dei razionalisti, con lo Stato, ma il rapporto della co- [43] BiblotecaGino Bianco

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