n1aggiore pressione frontista, rifluirono nei part1t1 programmaticamente sovversivi nel 1953 per tornare in parte, successivamente, di nuovo verso la D.C., ed in piccolissima parte, verso il PLI. Ma tali vicende elettorali interessano relativamente in questa sede: vale a dire che esse interessano nella misura in cui consentono di verificare l'esattezza di una intuizione inizia1e e, a dir vero, ovvia: che cioè tutto un settore dello schieramento politico italiano sarebbe stato irriducibilmente avverso alla piattaforma di politica economica che i più conseguenti democratici, da Vanoni a La Malfa, elaboravano e tenevano indispensabile, non solo per l'evoluzione, ma per la vita stessa del paese. Accanto a questo, e non certo meno importante, v'era il problema della politica estera: la vocazione liberale ed europeistica del ceto dirigente democratico italiano imponeva una politica di solidarietà con le democrazie occidentali, di alleanze difensive con esse e insieme di costruzione di una comunità politica ed economica europea. Questa politica, del resto, coincideva esattamente con una realistica valutazione degli interessi del paese: poiché solo la creazione di uno spazio politico ed economico europeo avrebbe potuto consentire una più sollecita e seria soluzione dei problemi strutturali dell'economia italiana e avrebbe insieme rafforzato le ideologie e le stutture democratiche. Le questioni di politica estera sono state e restano una questione di regime in Italia non soltanto a causa della pressione cornunista, ma anche perchè la stretta integrazione del nostro paese alle piì1 avanzate democrazie occidentali faceva di esso uno dei vasi di un sistema di vasi comunicanti: l'alterazione del regime democratico, da qualsiasi parte fos e tentata, diventava una avventura sempre piu difficile. Ovviamente, però, questa politica estera era destinata ad avere centro di sè l'opposizione i1ridu ibile del Partito Comunista Italiano: agli occhi dei co1nunisti - sempre pronti ad appoggiare un qualsiasi Laval quando ciò riusciva utile alla cc grande patria del socialismo » - la politica estera di solidarietà occide11tale e di costruzione europeistica diventava la pietra dello scandalo, o, se s1 preferisce, l'occasione necessaria e sufficiente per minare la democrazia con una spregiudicata opposizione di regime. Si poteva così verificare come fosse stata giusta la yalutazione cl1e non solo all'estrema destra ma anche all'estrema sinistra l'opposizione era diretta contro le istituzioni democratiche del paese. Un ultimo problema, finalmente, si poneva pei democratici laici: quello dello Stato italiano. Se con la Repubblica si creava una struttura affatto nuova, non però si rompeva la continuità con la tradizione della storia risorgimentale e unitaria del paese. Poichè quella tradizione era stata di rivoluzione nazionale, si, ma anche, ed anzi soprattutto, di rivoluzione liberale e di instaurazione di uno Stato moderno. La monarchia in cui questi valori [39] BiblotecaGino Bianco
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